martedì 4 maggio 2010

IO


Il Sognatore non è più tra noi, è morto.
Quel povero fesso ha finalmente smesso di sognare e ha capito quanto è dura la realtà. I suoi sogni hanno dovuto fare i conti con questo mondo spietato, un mondo che non lascia spazio ai sogni, che ti prende a cazzotti nello stomaco finché non ti stende e ti straccia il petto per portarti via la cosa più importante della tua vita: il tuo CUORE, la parte più importante di te!
Purtroppo i buoni come lui alla fine finiscono sempre per prenderlo in culo e soffrire come dei bastardi! Ma è giunto il momento di stringere i denti, abbandonare le speranze e capire che è la vita a decidere quello che ci spetta, è inutile fare programmi perché noi non decidiamo un cazzo di niente. Siamo solo le pedine di un gioco e qualche stronzo si diverte a muoverle a suo piacimento, fottendosene del dolore e delle lacrime della gente.
Che bisogna fare allora? Io ho deciso di stare al gioco, di giocare questa partita a scacchi con lo stronzo e provare a fargli scacco matto, cercare di fotterlo con qualsiasi mezzo, buono o cattivo che sia non ha importanza. Come diceva qualcuno, il fine giustifica i mezzi. La legge, la propria legge, è ora di rispettarla e farla rispettare! È l'ora di capirsi, di conoscersi, di SENTIRSI parte di 'sto cazzo di universo.
Da oggi esiste solo Gaetano, e vaffanculo al Sognatore!

Rock & Roll!

venerdì 21 novembre 2008

I tafferugli di Giuseppe - Parte 2


Giuseppe passaguai!

Si siede e accavalla le cosce. Non riesco a fare a meno di guardare le sue parti basse, e mi stava pure per scendere la bava alla bocca... "Merda, mi faccio schifo da solo!"
Mischia le carte e poi le posa sul tavolino che ci divide.
- Spacca il mazzo con la mano sinistra. -
- Te lo spaccherei con un'altra cosa, il mazzo! -
- Scusa? -
"Oh, mio dio! Sono un coglione". Spesso mi capita di pensare ad alta voce, è un problema che nella vita mi ha procurato non pochi guai.
Mi limito ad alzare il mazzo di carte senza rispondere, abbassando la testa come un cane bastonato. Lei non batte ciglio.
"Caspita, questa non insiste." penso. "Mò, due sono le cose: ha capito cosa ho detto ma è una donna talmente di classe che ha fatto finta di niente; oppure vuole che il mazzo glielo spacchi davvero... Uahahahahah!"
- Ehi, e ora perché ridi? -
"Merda! Allora sono proprio idiota!"
- Ah, scusa, ogni tanto m'acchiappa 'sta cosa che devo ridere senza motivo. -
Accenna a un sottile sorriso.
Pesca 5 carte dal mazzo e le dispone a mo' di croce. Le guarda con attenzione per circa 5 minuti e poi alza lo sguardo verso di me.
- Sei proprio tu! -
- Scusa? - chiedo mezzo sorpreso e mezzo curioso.
- Sei tu, il fortunato! -
"Porca toria, ma a chi vuole sfottere questa... Ora la spacco in due davvero!"
- Senti pupa, posso assicurarti di essere tutto fuorché fortunato nella vita! -
- Non è vero, amore. Tu puoi avermi... Ti ritieni sfortunato? -
Il tono sensuale con cui pronunciò quelle parole mi fece rizzare come un toro.
- Ehm... Beh... No... Credo di no... -
"Che demente, non riesco manco a parlare".
All'improvviso mi stampa in bocca un bacio violento che mi toglie il fiato per un cazzo di minuto.
- Ti voglio, ora! Ma non qui... Andiamo a casa tua. -
"Questa troia vuole venire da me perché vuole qualcosa... Uhhhh, ma che me ne fotte, me la voglio chiavare!"
- Ok, andiamo dove vuoi. -

Entriamo furtivamente in casa mia, dando un'occhiata attorno per assicurarci di non essere stati seguiti da nessuno.
- Eccoci arrivati! Scusa un attimo, do da bere alla mia piantina di basilico! -
"Maro', mi sto rincoglionendo! Non è possibile che la prima cosa che penso quando arrivo a casa è questa piantina del cazzo!"
Torno nel salone e... Nuda! Proprio lì, di fronte a me. È una dea. Mai visto tanta armonia nelle forme.
Si avvicina verso di me col suo passo felpato.
"Che femmina!"
Mi afferra la testa con le sue mani sensuali, mi infila la lingua in bocca e appoggia il suo corpo caldo al mio. Non capisco più niente, sento solo una melodia nella mia testa... e soprattutto nelle mie mutande.
La sbatto sul divano e do sfogo alla bestia che è in me. La faccio godere due, tre, quattro volte, fino a cadere in un sonno profondo. Il mio ultimo pensiero fu:
"AHHH, AFANGUL!!"

Quando mi sveglio sono legato alla sedia, ma non sono sorpreso, sapevo che qualcosa sarebbe andato storto. Tutta la casa era sottosopra.
- Ehi, cosa stai cercando, tesoro? -
- Dove diavolo l'hai nascosta? -
- Beh, se mi dici cosa ti posso anche rispondere... -
- La zampa di coniglio. -
- Oh porca vacca... Allora quel giorno è arrivato davvero. -


Anni fa.
- Vieni qua, Giuse'. -
- Nonno, che è stato? Cos'è quella scatola che hai in mano? -
- È una cosa di fondamentale importanza che ti sto per affidare. Viene custodita dalla nostra famiglia da intere generazioni. Mi raccomando, non aprirla, provocheresti tanti di quei tafferugli che non immagini manco! Un giorno incontrerai delle persone che faranno di tutto pur di rubartela. Devi evitare che accada! -
- Ma cosa c'è dentro? -
- Una zampa di coniglio... -
- Non capisco, e cos'ha di tanto speciale? -
- Niente, è solo portatrice di guai... -
- Uà! Mi pare una cosa seria. -
- Lo è. Mi raccomando, custodiscila gelosamente, e non ti far fregare da nessuno.
- Va bene, nonno. Non ti deluderò!


"Merda! E meno male che non lo dovevo deludere... Mi sono fatto fregare come un fesso... Però che cazzo! Oì no', ma hai visto che pezzo di zoccolona che mi so' chiavato? Scommetto che pure tu ti saresti fatto infinocchiare!"
- Non posso rivelarti dov'è! - Mi iniziavo a sentire come un ostaggio in quelle merde di film di spionaggio di serie B.
- Ti conviene parlare al più presto, prima che arrivi qualcuno e... -
Sento un rumore proveniente dal cesso.
- Ehi, slegami, sbrigati! -
- Dimmi prima dove l'hai nascosta. -
- Ma che Cristo! - Dovevo dirglielo per forza.
- È in cucina... Nel bidone della spazzatura... -
- Cosa? Mi prendi in giro, vero? -
- Merda, mi hai sgamato subito... -
Sento altri rumori nel cesso.
- Sbrigati, non abbiamo più moto tempo, slegami e te la prendo io. -
La stronza prende una pistola dalla borsa, mi slega e me la punta dritto alla tempia.
- Ehi, calma, bocconcino. Se ti ho detto che la prendo, devi credermi. -
"Uà, però sto a paria'! Mi sento troppo il protagonista di un film!"
Prendo un martello dal mobile e BAM... spacco una mattonella!
- Ehi, ma che diavolo fai? -
- Beh, è dove mio nonno nascondeva i soldi... Sotto le mattonelle! I vecchi metodi sono sempre i migliori. -
- Dammi quella scatola. - mi ordina.
- Prima la voglio aprire per vedere com'è questa famosa zampa. -
Alzo i coperchio della scatola e... Una schifosa zampa pelosa di coniglio, sotto la quale c'era un biglietto.
"Se stai leggendo questo foglio significa che... Sei uno stronzo, Giuse'! Ti sei fatto fregare! Possedere questa zampa di coniglio significa avere la fortuna sempre dalla propria parte. Ma se la perdi, sarai maledetto per sempre! La sfortuna ti perseguiterà fino alla morte! Ora che tutti sanno che è in mano tua, l'unica cosa che puoi fare è lasciare il paese. Scappa, vattene il più lontano possibile, cambia vita, non farti trovare! Po' so' cazzi tuoi!! Statti attento, nipote mio."
- Ma che stronzata è mai questa? - penso ad alta voce.
- Su su, presto, dammi quella zampa! - stridacchia la donna.

All'improvviso tre energumeni escono dal cesso. Sembravano il brutto, il coglione e il cattivo.
- Dammi quella zampa. - grida il brutto, mentre il coglione spara un colpo di pistola.
Giuro sulla madonna dell'arco che quel colpo era diretto giusto al centro della mia cazzo di testa, ma succede un fatto folle... Il proiettile cambia direzione e va a finire dritto dritto tra le zizze della sgualdrina! Muore sul colpo!
- Porca puttana! Ma allora sei proprio un coglione! - urlo incazzato. - Hai ucciso un gran pezzo di gnocca! -
- Dammi quella zampa se no farai la sua stessa fine! - urla minaccioso.
- No. Se la vuoi, vieni a prenderla! - Mi mancava solo il mantello di Batman, cazzo. Troppo bocchinaro.
Iniziano a spararmi contro. Non mi sfiorano manco di un millimetro.
- Ora vi scommazzo di paliate! -
Afferro il brutto e gli do una gomitata in bocca, fracassandogli i denti.
Nel frattempo il coglione raccoglie il martello che avevo lasciato a terra e cerca di colpirmi alle spalle. Lo schivo, e invece di colpire me becca in pieno il naso del brutto.
Alché lo guardo e faccio:
- Maro', mò sei ancora più brutto, compa'! -
Mi giro poi verso gli altri due:
- Vi massacro, e senza aver bisogno di fortuna! -
Il cattivo mi attacca con un paio di pugni nello stomaco. Non li schivo nemmanco, mi basta indurire gli addominali.
- Uhhh, come sei cattivo... - mi prendo gioco di lui, prima di sferrargli un cazzotto in faccia e metterlo K.O.
- Chi manca all'appello? Ah, sì, il coglione! -
Mi guarda spaventato.
- Scusa scusa, io mollo tutto, me ne vado, non ne voglio sapere più niente di quella zampa. -
- Ma allora sei proprio un testicolo! Secondo te, io ti lascio andare dopo che hai ucciso la mia bella?! Vie' qua, per dio! -
Gli salto addosso e gli stacco un orecchio con un morso, e poi glielo sputo in faccia.

- AAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!! -

L'idiota sbraitava come un porco nel suo stesso sangue.
Prendo le chiavi dell'auto e mi carico la donna sulle spalle.
Chiudo la faccenda con una frase a effetto prima di sbattere la porta:
- Se vi ritrovo sulla mia strada, vi ammazzo! -
SBAM!


- Eh eh eh, quell'idiota non ha capito che questo è solo l'inizio... -
- Sta' zitto, coglione, e chiama un'ambulanza. -


Rimetto la zampa e il biglietto del nonno nella scatola.
"Devo andarmene da qui, devo seguire il consiglio del nonno".
Accendo il motore e prima di dare il gas penso:
"E mò dove cazzo la seppellisco a questa troia?!"

domenica 29 giugno 2008

I tafferugli di Giuseppe - Parte 1

NOTA: QUESTO RACCONTO È DIFFERENTE DA TUTTO QUELLO CHE AVETE LETTO FINORA IN QUESTO BLOG. QUEI RINCOGLIONITI DEL SOGNATORE E FRED HANNO DECISO DI PRENDERSI UNA VACANZA, DUNQUE PER UN PO' DI TEMPO LEGGERETE LE STORIE RACCONTATE DA ME... SONO STORIE DEL CAZZO, NIENTE DI PARTICOLARE, MA SE NON AVETE NIENTE DI MEGLIO DA FARE, LEGGETE PURE, A FINALE SI PAREA.


La donna in rosso

Finalmente esco dall’ufficio e vado a ubriacarmi come ogni santo giorno. Non c’è nessuno, sono pochi gli stronzi che vanno al pub di martedì.

- Il solito, Pet. -
- Giuse’, ma non ti rompi i coglioni di bere sempre ‘sta Stella Artrois? E cambia, ogni tanto! -
- Perché mai dovrei cambiare se mi piace più delle altre birre? Allora, stando a come dici tu dovrei cambiare anche pub. -
Avrei voluto poter dire donna…
- Bah, tié, bevi la tua Stella. E stavolta vacci piano, non voglio tafferugli pure stasera. -
Non lo cago minimamente, non sa che sono incazzato nero anche oggi. Devo spaccare il muso a qualcuno. Perché? Perché sono solo! Quale motivo migliore. Mi rode troppo il culo tornare a casa e l’unica cosa ad aspettarmi è la piantina di basilico che mi chiede di annaffiarla altrimenti muore. Ma che morisse, per dio! Ne compro un’altra, al Tesco erano anche in offerta, questa settimana.

Ultimamente ci si stanno mettendo anche problemi alla linea internet a farmi innervosire, non posso nemmeno prendere per il culo quei quattro contatti che ho su MSN, maniaci di merda che faccio sbavare spacciandomi per una troia in calore. L’altra sera uno di loro mi fece imbestialire come un gorilla. A un certo punto mi fa:

“Ehi, troiona, vuoi fare una cosa per me?”
“Cosa vuoi, stallone?”
“Fingi di essere una bambina e dimmi delle porcate!”

- Sei morto, amico! - dissi tra me e me.

“…
E tu dimmi dove abiti… Così le facciamo insieme…”

- Dimmelo, brutto maniaco del cazzo, così vengo lì e ti infilo il tubo della doccia su per il culo! -

“Ora non posso… Sta venendo mia moglie, stacco.”
“Ok, a presto.”

Non vedo l’ora di staccargli quel gamberetto che si ritrova. Solo quello può avere un bastardo che se la prende con i bambini. E uno come lui ha anche una moglie e dei figli... Eh, aveva troppo ragione mio nonno quando diceva:

- Che ce vuo’ fa’, guaglio’. Gesù Crist da’ o’ pane a chi nun ten ‘e rienti. -

Che coglioni, che teneva mia nonno. È sopravvissuto a due guerre, ha camminato dalla Russia a Napoli, ha visto la morte in faccia più di una volta, ed è per questo che un giorno disse sorridendo con lo sguardo perso nel vuoto:

- Eh, mi hai trovato un’altra volta, mo’ però non potrò scappare… Maledetta sedia a rotelle. E vediamo un po’ dove mi porterai di bello, va. Può darsi che sarà un posto migliore di questa schifezza. -

Morì quella sera stessa. ‘Fanculo!

Sbatto la settima pinta sul bancone e dico a Pet di portarmene un’altra. Mi guardo un po’ attorno per vedere se c’è qualcuno che ha voglia di essere menato, ma la mia attenzione viene attirata da un rumore di passi.
I suoi tacchi sembrano spaccare il pavimento, le caviglie sono strettissime e i polpacci rocciosi. Il vestito attillato rosso copre le sue forme perfette, fino a una scollatura che mette in mostra il principio di un seno capace di scatenare finanche gli ormoni di un frocio... E non è un esempio. Parlo proprio della checca seduta al tavolo di fronte a me, la guardava con la bava alla bocca che gli sgocciolava nella pinta.

Finalmente arrivo a guardarla in faccia. Gli occhi azzurri, esaltati da un rimmel molto marcato, erano freddi e penetranti come uno stalattite che sembrava stesse cadendo proprio su di me.

“Oh cazzo! Avrò fatto una figura di merda, la stavo guardando come un maniaco arrapato…” penso.
Si siede proprio affianco a me e ordina una Guiness.
- Come ti chiami? -
La sua voce era sensuale, tanto che sembrava che avesse sussurrato quelle parole sfiorando le sue morbide labbra al mio orecchio destro.
“Sta parlando con me? No… Ma certo, invece! Che stupido che sono, chiaro che sta parlando con me.”
- Sono G-Giuseppe. – balbetto.
- Io Vale. Senti, vado subito al dunque. Ho come l’impressione che qualcuno mi stia seguendo, e ho paura. Mi accompagneresti a casa? –
“Cazzo, sono già ubriaco?”, pensai, “Sono solo alla settima pinta…”
- Allora? Mi accompagni o no? -
"Ok, calma, non sto sognando."
- Beh, avrei un po’ da fare a casa, ma sì, perché no. Dove abiti? - “Sì, l’unica cosa che potresti fare a casa è spararti un segone davanti a un pornazzo.” mi rimprovero.
- Bene, andiamo. Seguimi, non posso dirti il mio indirizzo, qualcuno potrebbe sentire. –

Mi afferra la mano e mi guida verso l’uscita del pub. Quella mano… Non mi dava la sensazione di una donna indifesa, ma di una che sapeva il fatto suo.

Due energumeni entrano piazzandosi sulla nostra strada.
"Grande errore, amici".
- Dove credi di andare, brutta puttana! - grida il più basso cercando di afferrarle il polso, ma sfortunatamente per lui si trova il mio gomito giusto il mezzo agli occhi. Lo stendo in un colpo solo.
- Madonna mia, quanto mi sento meglio. -
Quello alto guarda l’amico a terra, e poi mi fa: - Come ti… -
Non so come mi fa… Non gli faccio finire la frase che lo prendo per le orecchie e gli do una ginocchiata in bocca, fracassandogli i denti.
- Oh no, Giuse’, ancora?! Basta, hai rotto il cazzo! Vattene da questo pub. -
- Scusa, Pet. Non si ripeterà più. A domani. –
Chissà quante volte abbiamo entrambi ripetuto quelle parole.

- Cosa volevano quei due da te? -
- Non fare domande, cammina e controlla che nessuno ci stia seguendo. -
Camminiamo a passo veloce, all’improvviso entriamo in uno vico e ci fermiamo davanti a una porta. Si guarda attorno accuratamente e alza la gonna stretta attorno la gamba sinistra.
Non riesco a fare a meno di guardare e, a dirla tutta, mi eccito pure come un dannato.
- Ehi, ma… Ma… -
- Che c'è? Non hai mai visto le gambe di una donna?! –

Prende la chiave dal reggicalze e apre la porta. Ci ritroviamo in una piccola stanza con le luci soffuse e quei cosi chiamati acchiappasogni appesi dappertutto... - Mah, stronzate giapponesi. - penso, però stavolta inconsapevolmente ad alta voce.

- Alcuni ci credono. Ora siediti, per favore. - mi dice mentre lei prende un mazzo di carte dal cassetto della scrivania.
- Bene, vediamo un po' che mi dicono le divinità. -
- Mh... Io suggerisco di farci una partita a scopa... Uahahahahah... Ehm... Scusa... -
Mi guarda come se fossi un idiota. "Cazzo, eppure pensavo l'avrei fatta ridere."

- Non è un mazzo di carte qualsiasi... Sono i tarocchi. -
- Mh... -
Non ho ancora capito che sta succedendo, ma almeno sono in compagnia di un femminone esagerato e non sono a casa ad annaffiare quella piantina del cazzo.

domenica 16 marzo 2008

Il diario di Mr Tom



Anno 1902.


13 gennaio


Questa sera mia moglie mi ha confessato di essersi innamorata un altro uomo.

Lo sospettavo. Ultimamente a letto avevo notato una certa freddezza nei miei confronti; dormiva sempre sul bordo (quasi cadeva), come se le facessi schifo.
Facevo finta di niente. Non le chiedevo nemmeno se c'era qualcosa che non andasse. Avevo paura della sua risposta.
Credo sia l'unica persona che abbia mai amato e rispettato in tutta la mia vita.
Cosa farò se mi lascerà? E i progetti che avevamo fatto insieme? Sono destinati a rimanere tali?
Non può essere. Domani è un altro giorno. La fortuna mi sorriderà.


14 gennaio

Amanda mi ha detto che l'uomo che ama è Pierre. Maledetto cane! Lo manderò in rovina. Mi ha rubato ciò che avevo di più caro al mondo. La mia vita era perfetta.
Ma perché proprio lui!? Perché si doveva scopare proprio lui?!
L'ho accettato come mio socio solo perché è un genio della mercanzia. Sono stato uno sciocco, e quel che è peggio, l'ho presentato io ad Amanda, l'ho invitato a cena a casa mia.
Domani succederà qualcosa. Amanda capirà di aver sbagliato e tornerà da me.


20 gennaio

Juliette è scomparsa. L'unica figlia che avevo non torna a casa da una settimana. Giù in paese dicono sia scappata con un ubriacone.
Le uniche due donne che mi circondavano mi hanno abbandonato. La mia vita sta andando a puttane!


31 gennaio

Piove, e fa freddo. E io sono solo. Sento di non avere più sentimenti.
Voglio restare solo per il resto della mia vita.
Diventerò ricco e potente. Il denaro sarà la mia felicità.
Le donne? Che vadano all'inferno. Non mi farò più fregare. Non approfitteranno mai più del mio denaro.


10 febbraio

Lupo solitario
perso
nella Londra labirintica.
Il vento soffie,
violento mi trascina
lontano dal cuore.
Il buio cala
e inesorabile oscura la mente
con vani numeri.
All'uscita del labirinto piango,
perso
nei meandri di un animo estraneo.


15 febbraio

Mi sto per trasferire a Luxor. Qua dentro vive una maledizione. Ah, povero lo sfortunato che verrà!

Domani darò fuoco a tutto quello che c'è in questo tugurio! Solo i miei cari specchi saranno risparmiati.


28 febbraio

Londra, me ne sto andando. Mi hai preso a pugni nello stomaco, mi hai lacerato il cuore, ma mi hai fatto crescere.
Quanto sei triste, città maledetta! Sei triste, come me. È per questo che ti odio. Non sopporto chi mi assomiglia.
Pian piano, senza fartene accorgere, trasformi le persone in automi, facedogli credere di essere indipendenti. Ma non è così. Non fai altro che rubare la loro anima, allontandole dalle persone a loro care. È per questo che Amanda ha trovato un altro uomo. Io facevo la stessa cosa. Io stesso non ho più un'anima. Sono morto dentro.


10 marzo

Mi sveglio piangendo, raggomitalato su me stesso, in un letto non mio.
Mi affaccio alla finestra. Fuori piove incessantemente.
Nel vetro vedo riflesso un viso che non mi appartiene. Mi sorride.
Alle mie spalle non c'è nessuno.
Ora c'è una maschera ricoperta di sangue. Molto probabilmente sotto c'è la mia faccia, ma non ne sono sicuro.
Mi strofino l'occhio col dito, ma quello che vedo è inquietante: non ho la mano.
La cosa che mi angoscia di più, però, è un'altra: non ho paura, mi comporto come se niente fosse.
Butto lo sguardo sull'altro braccio, ma non c'è più.
È così. Annullo tutto quello che guardo, tutto ciò che mi sta vicino.
Sto scomparendo, tra poco non esisterò più. Ma forse, in realtà, non sono mai esistito.
Che razza di sogno.


15 marzo

Sono le 5. È un altro giorno di merda. Non dormo più ormai. Stanotte una cornacchia è apparsa dal nulla e ha iniziato a farfugliare fesserie.
Un certo Morpheus l'avrebbe mandato da me. "Sono qui per salvare i tuoi sogni", ha detto. Forse sto impazzendo.
Sognare. A cosa serve? Crea solo false speranze. La gente deve imparare a viverla, la vita, e non a sognarla.
La vita è ti prende a calci, a pugni nelle costole, ti sfianca poco alla volta.
Senza che te ne accorgi, un giorno ti guarderai allo specchio e tutto quello che vedrai sarà la maschera di uno sconosciuto. Ti volterai indietro e capirai che non hai fatto altro che inseguire sogni mai avverati. Magari non tuoi.
Ti renderai conto che hai passato la vita a cercare di conoscere le persone che ti stanno attorno, ma non conosci te stesso.
E sarà troppo tardi. È sempre troppo tardi.

domenica 9 marzo 2008

La villa della strega - Parte 3



Il gioco

Dominic fissò il foglio in silenzio per almeno cinque minuti.
- Ma che diavolo di filastrocca sarebbe?! - Alex era alquanto infuriato. - Mi sembra di essere capitato in uno di quei racconti horror di quarta categoria. -
- Che dobbiamo fare, Domi? - gli chiese Anna preoccupata.
Il mio padrone era più risoluto che mai, anzi, a dir la verità, sembrava che la situazione iniziasse a piacergli.
- "Gira la maniglia nel mobile che prima non avevi visto... " - ripeteva in continuazione guardando nel mobile dove avevano trovato il Dedè.
- Ragazzi, vedete una maniglia, voi? -
Nessuno la riusciva a trovare.
- Qui non sembra esserci proprio niente. - disse il gemello, con la testa infilata nel mobile.
- Ma... Eppure deve esserci, il messaggio parla chiaro! - esclamò convinto il mio padrone, prendendo il foglio dalla tasca: "Gira la maniglia nel mobile che prima non avevi visto..."
Qualcosa gli suonava strano. - Un momento... Qualcuno controlli in qualche altro mobile. -
Alex aprì frettolosamente gli altri mobili fino a quando... - Bingo! -
- Evviva! - gridarono tutti insieme, - L'abbiamo trovata! -
- Ehi, piccoli, non cantate vittoria! Guardate che avete fatto solo il primo passo verso! -
- Ma sta' zitto, Fred! Facci gioire! -
- Mpf! -
Era per questo che non parlavo mai con quei ragazzacci.

- Ora ragioniamo un po' sulla prossima cosa da fare: "Fa' attenzione a girarla nel verso giusto, fatale l'errore ti sarà. Ripeti il nome dell'assente tre volte e la risposta in mente ti suonerà."
- Beh, l'assente dovrebbe essere Jon. - ipotizzò giustamente Anna. - Uhm... Però, ripetendo il suo nome per tre volte... Perché mai dovremmo riuscire a capire la direzione in cui dobbiamo girare la maniglia? -
- Io sono suo fratello. Forse la soluzione suonerà nella mia mente. -
Quella mi sembrava una cosa poco probabile.
- Allora vado. - Chiuse gli occhi Jon... Jon... Jon... -
Come pensavo, niente accadde.
- Interessante. - sussurrò Dominic toccandosi il mento e alzando il sopracciglio sinistro. - Jon... Deve assomigliare a qualche parola che ci può far capire la direzione. In questo caso, ne sono due: su e giù. Uhm... Jon-Jon-Jon... Jon-Jon-Jon... Jon-Jon-Jon... Jon... Gi... -
Il mio padrone si bloccò all'improvviso.
- Ma... Come abbiamo fatto a non pensarci subito!? - disse rivolgendosi agli altri.
- Ragazzi. Jon-Jon-Giù... La direzione verso cui dobbiamo girare la maniglia... -
Senza neanche finire di spiegare, abbassò la maniglia e... Una porta dall'altro lato della cucina si aprì.
Si guardarono stupiti. Lo scricchiolio prodotto dalla porta assomigliava molto al suono di una voce stridula che diceva "Entraaaate". Ma, non intimoriti, corsero verso la porta.

Ai lati del corridoio in cui entrarono c'era ogni tipo di prelibatezza.
- Wow! Ma dov'è che siamo?! Nel corridoio dei balocchi?! - disse sbalordito Alex.
- Ehi, non facciamoci fregare, non dobbiamo toccare niente. - gli ricordò Dominic.
- Accipicchia! Che peccato... - sospirò Anna, stringendo al petto il suo maialino che si dimenava alla vista di tutto quel cibo. - Statti fermo, Dedè! - gli rimproverò.
- Secondo la filastrocca, incontreremo un topolino e dovremo dargli da mangiare. - disse guardando il foglio.
Iniziarono a camminare fino ad arrivare alla fine del piccolo corridoio, ma del topo nessuna traccia.
- Dev'essere qui da qualche parte. - insisteva Dominic.
Mentre lui e Alex percorrevano avanti e indietro tutto il corridoio, Anna era alle prese col suo maialino affamato.
- Ora basta! Ti preferivo quando eri un peluche! -
Fu in quel momento che riuscì a liberarsi della morsa della sua padrona e corse verso la montagna di cioccolata ammucchiata vicino l'entrata.
- Aargh! È scappato! -
- Oh no! Dobbiamo impedirgli di toccare il cibo! - Il mio padrone fece uno scatto da centometrista e si scaraventò su Dedè, afferrandolo per la coda.
- Mio dio! Sembra indemoniato! Si vede che non ha mai mangiato! - disse Alex ridacchiando.
- Qualcosa non quadra... - sospettò Dominic. - Perché Dedè non si è buttato sul pollo? Perché mai un maiale dovrebbe preferire la cioccolata? -
Prese il foglio che aveva in tasca: "Un topolino affamato buono ti sembrerà. Lui nulla può toccare, dagli da mangiare se vuoi continuare."
- Spremi le meningi, spremi le meningi. - ripeteva tra sé e sé, fino a quando la lampadina si accese.
- Ragazzi, spostatevi. - Corse verso la cioccolata e guardò il mucchio con occhio vigile.
- Eccolo! Ce l'ho fatta! - esultò. - Guardate lì. - disse eccitato puntando il dito verso il mucchio.
- Ma quello è un topolino bianco! - esclamò Anna.
- Probabilmente è Galak. Fallo mangiare all'affamato Dedè. -
- Ma non possiamo toccare il cibo. - ribattè la dolce ragazzina.
- E qui sta il trabocchetto. - disse Dominic trionfante. - Non possiamo toccarlo, è vero, ma nessuno ha detto che non possiamo mangiarlo... -
Alex rimase di stucco. - Sei un maledetto genio! -
E così Anna avvicinò Dedè al topo. Ne fece un sol boccone.

- Gnam gnam gnam. -

In quello stesso istante, un'immensa finestra nera, grande quasi mezza parete, si materializzò nella parete di fronte a loro.
- Evviva, evviva! - esultarono tutti insieme.
- Da qui dovremmo riuscire a vedere la stanza della strega. -
Si avvicinarono alla finestra dalla quale riuscivano a vedere una stanza leggermente illuminata. Al centro c'era una sedia a dondolo. La distanza e la luce soffusa rendevano impossibile distinguerne il colore.
- Sembra grigia. -
- No, è marrone. -
- Uhm... Di sicuro è un colore scuro. - era certo Dominic. - Cerchiamo di ragionare. - disse rivolgendosi agli altri.
- Allora, "Dalla finestra nera potrai vedere la mia stanza, la sedia a dondolo sulla quale dormo. Di che colore è? Solo toccando il mio cuore lo potrete sapere." -
- Andiamo, non ha senso. - disse il gemello arrabbiato. - Come facciamo a toccare il suo cuore se nemmeno possiamo vederla? -
- Questa volta ha ragione. - intervenne Anna. - Mi sembra assurdo. -
Dominic assunse l'ormai consueta posizione: si appoggiò al muro, alzò il sopracciglio destro e iniziò ad accarezzarsi il mento.
- Sicuramente tutto gira intorno alla parola "cuore". - pensò ad alta voce. - Cuore, cuore. -
- Non ti scervellare, genio. Questa volta ci ha fregati. - disse l'amico pessimista.
- Ehi, ragazzi. - Anna richiamò la loro attenzione. - Quello non è un cuore? -
Un piccolo cuore era disegnato sul muro proprio di fronte alla grande finestra.
- Porca vacca! Maledetta strega! -
Alex si avvicinò al disegno. Non dovevano far altro che toccarlo per risolvere l'enigma. - Anna, sei stata tu a vederlo. Sta a te toccarlo. - disse.
La ragazza si avvicinò e senza timore appoggiò la mano sul cuore. L'ansia per l'attesa cresceva sempre di più, ma nulla accadde.
La stupore era sul volto di tutti loro.
- Diamine, perché non succede niente? -
Per la prima volta dalla faccia del mio padrone traspariva completa mancanza di idee. Tutto ciò che fece fu appoggiarsi affianco al cuore. Fu uno di quei casi in cui, come si dice, "Quando Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto".
- Oh mio dio! -
- Che c'è, Domi? -
- Venite subito vicino a me e guardate la finestra. -
Gridarono - Uaooooo! - tutti inseme.
L'immensa finestra era a forma di cuore. Ed era nera.
- La sedia a dondolo è nera! -
Un violento soffio di vento spalancò la finestra.

Attraversarono velocemente il giardino ed entrarono nella stanza che avevano visto dalla finestra. Come predetto, una vecchia stava dormendo sulla sedia a dondolo: aveva un viso a forma di uovo, i pochi capelli spennacchiati nascosti sotto il suo cappello, il naso a punta e gli occhi neri come la pece. La cosa più impressionante, però, era la sua pelle: piena di rughe, sembrava una vecchia lenzuola ingiallita stropicciata.
- Uaaao! - sussurrò Anna. - La famosa strega. Mia nonna non mentiva. -
- Ehi, sta' zitta senò si sveglia! -
Alex non si accorse che, in realtà, non stava dormendo.
- Lo sono già, piccoli miei! - disse una voce rauca, debole e ridente.
- Hhhaaaaaaaaa! - Presi dal panico, se la diedero a gambe, ma la finestra da cui erano entrati era chiusa, e non c'era alcuna presenza di porte.
- Aiuto, aiuto! - gridò Alex, tirando pugni alla porta.
- È inutile. Nessuno vi può sentire. - ridacchiò la strega.
I tre ragazzi erano spalle al muro (nel vero senso della parola) e la guardavano terrorizzati.
- Che bravi bambini, siete arrivati fin qui. Avvicinatevi, così posso strapparvi quella pelle candida e liscia da dosso! - disse aumentando man mano il tono della voce.
Mentre Anna cominciò a piangere e Alex non riusciva a stogliere lo sguardo dalla vecchia, il mio padrone prese il foglio dalla tasca e lo lesse per l'ennesima volta.
- Uhm... Interessante. - borbottò.
Sembrava sempre più Sherlock Holmes.
- Amici, ascoltatemi un momento. - disse afferrandoli e tirandoli verso di sé.
- Tu, pel di carota! Sarai la mia prima vittima! -
- Non ascoltatela. Probabilmente non può neanche muoversi da quella sedia. -
- Ora basta! Andatevene, o sarà peggio per voi! - continuò a minacciare.
- Non la state a sentire. È un altro trabocchetto. - Dominic era più che convinto. - Nessuno ha mai detto che quella vecchia è la strega. Leggete qua:
"Sulla sedia è seduta una vecchia signora. Non vi fidate delle apparenze, non vi fidate del suo aspetto esteriore, guardatela all'interno."
- E così l'avete scoperto! - disse la voce alle loro spalle. - Provate ad avvicinarvi... Vi faccio secchi! Ahahahah! -
La sua risata echeggiò fastidiosamente.
- Non ci fai più paura!- Alex si fece avanti. - Sei solo una vecchia. -
- Tu... Come osi?! Moscerino che non sei altro! -
Mentre si dibatteva sulla sedia cercando invano di muoversi, feci un'osservazione che mi fece guadagnare la stima di tutti.
- Ehi, ragazzi, ma mi sbaglio o attaccata al suo collo c'è una minuscola zip? -
La vecchia si ammutolì, metre li altri rivolsero lo sguardo verso il punto da me indicato.
- Hai ragione, Fred... - Fu la prima volta che il gemello non mi mandò a quel paese.
- Un momento. - Era inerme e in preda al panico.
Dominic si avvicinò alla vecchia e afferrò la zip.
- Ehi, fermati, ti prego. - gli supplicò. - Che vuoi farmi? -
- "Guardarti dentro!" - Tirò giù la zip.
- Fermo, aspetta, nooooo! - Furono le sue ultime parole.
Tutti rimasero impietriti alla vista delle "interiora" della vecchia...

Paglia. Semplice paglia.
- Ma era solo un fantoccio! - esclamò Anna.
- A quanto pare sì. Dev'essere stata opera della vera strega. -
Ormai erano vicino alla soluzione dell'enigma. Dominic non perse tempo e iniziò a frugare tra la paglia in cerca della chiave.
- Eccola! - gridò vittorioso.

In quel medesimo istante, apparvero due porte nella parete dietro la sedia a dondolo.
Sulla porta alla loro destra c'era un cartello con su scritto "Oen", mentre su quella a sinistra "Two".
- Bene, ci siamo! Dietro una di queste porte ci dovrebbe essere Jon. -
Alex si avvicinò precipitosamente alle porte.
- Ehi, la strega non sa neanche un po' di inglese. Guadate come ha scritto "One". -
Il mio padrone rimase alquanto perplesso.
- Fratello, sei lì dentro? -
Nessuna risposta.
- Domi, come facciamo a sapere dov'è? -
- "La chiave ora possiedi per aprire la porta giusta. Se sbagli, tutto sarà stato vano. La risposta alla tua domanda è questa: che cos'hanno di diverso?" - lesse ad alta voce.
Alex si alterò: - Ma queste porte sono esattamente identiche! -
- Su questo non c'è dubbio. L'unica cosa in cui differiscono sono le parole sul cartello. Ma non mi viene in mente niente. -
- E se si sta riferendo a qualche altra cosa? - intervenne Anna. - Cioè, "che cos'hanno di diverso" a cos'altro potrebbe riferirsi? -
Dominic spalancò gli occhi. - Oh caspita. Ho capito tutto! -

- Alex, cos'avete di diverso tu e Jon? - chiese frettolosamente.
- Beh, lo sai, il neo sul... -
- Fermo là. - lo interruppe Dominic. - Neo. -
Nessuno capiva dove volesse arrivare.
- Cosa c'è scritto sulla porta a destra? -
- "One". - rispose Anna.
- Sbagliato. L'errore è stato fatto apposta... C'è scritto "Oen", che letto al contrario... -
- Neo! - gridò Alex. - È quella la porta giusta! -
Dominic infilò immediatamente la chiave nella serratura e...

- BUBUSSETTETE! -

Una bambina nascosta dietro la porta li spaventò a morte.
Era molto bella, sembrava un angioletto. I suoi capelli splendevano come l'oro e gli occhi erano chiari e penetranti.
- Che mi venga un colpo! - esclamò Alex. - E tu chi sei? -
La bambina non rispondeva e li osservava sorridendo.
Seduto su una potrona vicono la finestra c'era Jon. Sorseggiava tranquillamente una tazza di tè.
- Finalmente mi avete trovato. -
Alex gli stava correndo incontro per abbracciarlo quando, a quelle parole del fratello, si fermò. - Brutto irriconoscente che non sei altro. Dovresti ringraziarci! -
Tutti scoppiarono in una grande risata.
- Non cambieranno mai. - A quel punto Dominic si avvicinò alla ragazza.
- Dicono che in questa casa ci sia una strega. -
- Sì, sì. - finalmente parlò. - Da più di settecento anni. -
- Sei tu, vero? - le chiese Anna prendendo la sua mano. Era gelida.
- Io stavo giocando a nascondino, sapete, è il mio gioco preferito, - cominciò a raccontare, - quando arrivarono molte persone dal villaggio che mi trascinarono giù in piazza, dove mi legarono a una fontana.
"Sei una strega!" gridavano tutti insieme. A un certo punto, la signora Brigitta, la più pettegola, grassa e antipatica del villaggio, si avvicinò a me e disse, rivolgendosi alla gente in piazza, che

"mio figlio non riesce più contare oltre il dieci! Gli si blocca la lingua se cerca di andare oltre, e tutto per colpa della magia di questa piccola strega!"

Fu così che mi legarono una corda al collo e mi impiccarono, dicendo che se ero una strega non sarei morta. -
- Uao! E non ti facesti niente? - chiese Dominic affascinato dal suo racconto.
- Certo. Sono morta. Guarda qua. -
Alzò la testa e tutt'intorno al collo aveva ancora il livido lasciatole dalla corda.
- Ma allora non sei una strega. - disse Alex.
La ragazza lo fissò con occhi luccicanti da fantasma.
- Certo che lo sono. Lo scoprirono quando mi liberarono e mi misero a sedere su una panchina. Tutti mi credevano morta, ma io aprii gli occhi e maledissi tutti coloro che erano presenti: li trasformai in tanti bei gatti. Ahhh, - sospirò, - quanto li amo i gatti. Comunque la maledizione mi riuscì abbastanza facilmente. -
- A-allora tutti quei g-gatti in giardino... - balbettò Dominic terrorizzato.
- Non ti spaventare rossino. Hanno avuto quello che si meritavano. E poi, in realtà, grazie a me sono vissuti centinaia di anni. Mi hanno tenuto compagnia per molto tempo. -
Tutti la guardavamo spaventati.
- M-ma... - continuò Dominic, - perché te ne stai sempre rinchiusa in questa casa? -
- Eh, chiedetelo a mia mamma. Per punirmi di essermi fatta scoprire mi ha rinchiuso qui dentro per mille anni. Ma che colpa ne ho? Il figlio della signora Brigitta barava sempre, non contava mai fino a dieci. Volevo solo dargli una lezione. -
La strega cominciò a roteare su se stessa e a saltellare in giro per la stanza.
- Oggi, però, grazie a voi, mi sono divertita. Non giocavo a nascondino da anni. -
S'interruppe poi e assunse un'aria malinconica.
- Ma purtroppo ora voi andrete via... -
Sembrava così triste.
- Beh, - disse Dominic, - noi abitiamo qui vicino. Magari qualche volta potremmo tornare e giocare a nascondino tutti insieme? -
- Davvero? - chiese entusista.
- Sì, sì. Così non sarò più l'unica ragazza del gruppo. - disse abbracciando tutta contenta Dedè.
- Certo, d'altronde anche se hai settecento anni, sei proprio carina. -
- Sei il solito scostumato, Alex. - disse Jon tirandogli un ceffone.
- Ahah! Come siete divertenti. -
- Allora siamo tutti d'accordo. Ti verremmo a trovare. - concluse Dominic. - Ora dobbiamo andare, senò le nostre mamme mettono anche noi in punizione per anni. -
La fece sorridere ancora.

Li accompagnò alla cancellata di ferro.
- A presto. -
I ragazzi salirono sulle rispettive bici e se ne stavano per andare quando Dominic si rese conto di non avergli chiesto nemmeno il suo nome. Si voltò così per chiederglielo ma lei era già sparita.
- Sarà per la prossima vota. - disse tra sé e sé dando una forte pedalata. - Trecento anni sono lunghi. -

domenica 24 febbraio 2008

La villa della strega - Parte 2



E ne rimasero tre

Dopo alcuni istanti, la luce si spense e la misteriosa sagoma si dileguò nell'oscurità.
Nessuno parlava. Fu Jon a rompere il ghiaccio.
- Qui la situazione si mette male. Andiamocene tutti a casa. -
Gli altri non erano, però, del suo stesso parere.
- No, no. Ora voglio andare fino in fondo. - ribatté Dominic. - Devo sapere chi vive in quella casa. -
- Amico, tu hai letto troppi libri. Questa è la realtà, possiamo passare dei guai e non c'è nessun eroe che ci proteggerà! -
- Che c'è fratellino, non avrai mica paura? - Per Alex ogni occasione era buona per provocare suo fratello.
- Io paura? Neanche per sogno! - Era proprio questa la reazione che Alex cercava di provocare. - Mi avete stufato! Andiamo e poniamo fine a questa storia una volta per tutte. -
Dominic cercò di organizzare un attimo la situazione.
- Anna, tu sei sicura di voler entrare? Potrebbe essere pericoloso. -
- Certo! - rispose senza indugiare.
- Brava, non ti preoccupare, ti proteggerò io. - disse Jon.
- Ma che! Ci sarò io al tuo fianco. - disse Alex appoggiandole la mano sulla spalla.
- Ehi, levale quella zampa da dosso! -
- Fatti gli affari tuoi! -
- Ora basta! - urlò la dolce ragazza abbastanza irritata. - Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno. Il mio Dedè è più che sufficiente. -
I due gemelli abbassarono la testa, sembrava li avesse sgridati la loro mamma.
- Colpa tua. - sussurrarono contemporaneamente uno all'altro.
- Non cambieranno mai. - mi disse Dominic sorridendo e a bassa voce.

Fortunatamente, erano tutti così esili da riuscire a passare attraverso l'inferriata che permetteva di entrare nel giardino della villa.
- Allora, cerchiamo di non fare baccano, nessuno ci deve scoprire. - disse Dominic ai compagni.
Camminavano uno affianco all'altro e tenendosi per mano.
- Mi raccomando, state attenti a dove mettete i piedi, potrebbero esserci delle trappole in giro. -
Appena disse quella frase, il mio padroncino notò che il terreno sotto il suo piede sinistro era alquanto morbido.
- Ehi, aspettate un attimo. -
Mentre gli altri lo guardavano perplessi, si abbassò per toccarlo e sentì qualcosa di peloso.
- Ma... Qui sotto c'è qualcosa. Aiutatemi a scavare. -
Erano inginocchiati in cerchio quando, a un certo punto, realizzarono che c'era veramente qualcosa lì sotto.
- Haaaa!! - urlò Anna, alla vista del corpo rinsecchito del gatto che qualcuno aveva seppellito lì.
- Calma, calma. È solo un gatto. Anch'io ho seppellito il mio pappagallino nel mio giardinetto. -
In effetti Dominic aveva ragione, non c'era nulla per cui allarmarsi, se non fosse stato per quello che scoprirono poco dopo.
- Ragazzi, qui ci sono altri peli. - urlò Alex mentre tastava il terreno sotto i suoi piedi.
- Anche qui. - disse Jon.
- E qui. - continuò Anna.
A quel punto, uno spaventoso sospetto si insinuò nella testa di tutti loro.
Nessuno disse all'altro cosa pensava. Non fecero altro che guardarsi negli occhi e iniziare a scavare il terreno sotto i loro piedi e quello circostante.
Dopo alcuni istanti si guardarono di nuovo l'un l'altro, rendendosi conto della raccapricciante scoperta che avevano fatto: sotto il giardino di quella casa erano sepolti decine o, chissà, centinaia di gatti.

- Scappiamooooo! - urlarono all'unisono iniziando a correre come delle schegge. Quasi non riuscivo a stragli dietro.
La loro fuga fu ostacolata da qualcosa di bizzarro: non riuscivano più a passare attraverso l'inferriata da cui erano entrati.
- Ma com'è possibile!? - esclamò Jon incredulo.
- Ora non possiamo più uscire da qui. - continuò.
Li stava assalendo il panico quando Dominic ebbe un'idea geniale.
- Amici, per uscire non dobbiamo far altro che scavare nel terreno sotto l'inferriata come abbiamo fatto prima. -
- Sei un genio Dominic! - gridò Anna, che per la gioia gli saltò addosso stampandogli un bel bacio sulla guancia.
- Oh maledetto! - grignarono i gemelli.
Mentre scavavano, però, dovettero far fronte a un nuovo imprevisto.
- Dedè! - esclamò Anna alzando di scatto. - L'avevo appoggiato a terra mentre scavavo e l'ho scordato lì, presa dalla paura alla vista di tutti quei gatti morti. -
Nessuno disse niente, sapendo che sarebbe stato inutile, dato l'amore della ragazza per quel peluche.
- Beh, immagino dobbiamo tornare indietro per recuperarlo... - disse Dominic, sperando di essere smentito.
- Certo che sì. Non posso mica abbandonare il mio maialino in un posto così! -
Si incamminarono, così, verso il luogo tetro da cui erano scappati. Arrivati lì, però, non c'era alcuna traccia del peluche.
- Ma dov'è? Io sono sicura di averlo lasciato qui. - disse indicando il punto del terreno dove aveva scavato.
- Qui non c'è niente. Forse l'hai dimenticato fuori l'inferriata. - cercò di convincerla Jon.
- No, no e poi no. Dev'essere qua. - insistette Anna.
- Oh per la miseriaccia! - esclamò Alex indicando la casa.
La misteriosa figura era di nuovo là che li osservava. Questa volta i ragazzi non erano molto distanti e ne riuscivano a distinguere leggermente la sagoma. Questa volta, però, c'era qualcosa di diverso. La prima a notarlo fu Anna.
- Ehi, quello è Dedè! -
- Non è il momento di pensare al tuo peluche! - gli rimproverò Jon.
- Ma... È proprio lì. - disse indicando l'oscura figura. - Lo tiene in braccio. -
Anna iniziò a correre disperata verso la porta della villa, ingnorando i pericoli a cui poteva andare incontro.
- Andiamo ragazzi. - incitò il mio padrone.

Giunti a destinazione, entrare fu più facile del previsto. La porta era già aperta.
Si diedero una rapida occhiata l'un l'altro e il primo a entrare fu Dominic. Le luci non funzionavano ma, fortunatamente, aveva con se una torcia elettrica.
L'ingresso era grande quasi quanto casa sua, tutto era in ordine e non c'era nemmeno un granello di polvere. Non c'erano dubbi, qualcuno abitava in quella casa.
I ragazzi camminavano sulle punte dei piedi cercando di non fare rumore, come se chiunque abitasse lì dentro non li avesse visti entrare.
- Ehi, amici, dove si sarà nascosta la strega? - sussurrò Alex.
- Non si è nascosta. - rispose il mio padrone. - Sono convinto ci sta aspettando da qualche parte. -
- E se sta preparando qualche incantesimo per ucciderci? -
- Non preoccuparti Anna, non ci faremmo ingannare. L'unica cosa che dobbiamo fare è restare uniti. Avete capito? -
- Sì! -
Una voce mancò all'appello.
- Ehi, manca qualcuno? -
Jon era scomparso.

- Oh mio dio! Dov'è mio fratello? Dobbiamo trovarlo! È tutta colpa mia. Lui non ci voleva venire. -
Mentre Alex si disperava, un rumore proveniente dalla cucina attirò la loro attenzione.
- L-l'avete s-sentito anche voi? - chiese Dominic balbettando.
I due fecero segno di sì con la testa.
Mentre si avvicinavano lentamente all'uscio della cucina sentirono di nuovo un leggero rumore.
- Dentro quel mobile c'è qualcuno... - disse Anna.
- ... o qualcosa... - continuò Alex. - E se ci fosse la testa di mio fratello? -
Dopo un istante di silenzio causato dall'ultima supposizione di Alex, il mio padrone decise di agire.
- Ehi, ma che cavolo dici!? Jon se la sa cavare anche da solo. Sono sicuro che sta bene. Ora aprirò questo mobile. -

- OINK OINK OINK!! -

Dentro il mobile c'era un maiale. Stava mangiando voracemente dei pezzi di carne in un piatto.
- Che diav... Che scherzo è mai questo!? - esclamò Dominic esterrefatto.
L'animale non fece caso a noi, fino a quando Anna non disse - Dedè? Sei tu, vero? -
Il maiale saltò improvvisamente fuori dal mobile e si diresse tra le braccia di Anna.
- Ma... Ma su, andiamo, non può essere il tuo peluche... - disse Alex, incredulo.
Ma lei era più che sicura.
- Guarda. - disse mostrandogli l'orecchio destro del maialino. - Questa scritta, l'ho fatta fare a mia nonna. -
"Il mio inseparabile Dedè".
Alex cadde a terra. Gli tremavano le gambe.
- Jon... Dove sei... Jooon! - iniziò a urlare.
Dominic si piombò su di lui tappandogli la bocca con la mano.
- Shhh. Zitto. - gli sussurrò, - Ormai è chiaro che questa casa nasconde qualcosa... E sono sicuro che qualcuno sta facendo in modo da attirarci nella sua trappola. Ma ha trovato pane per i suoi denti. -
Anna lo aiutò ad alzarlo e lo abbracciò.
- Come io ho ritrovato il mio Dedè, anche tu ritroverai tuo fratello. -
- Ma Anna... Come fai a restare così calma? Il tuo peluche ora è vivo! Non ti spaventa tutto ciò?! -
- Vedi, mia nonna me l'aveva detto che in questa casa ci abita una strega. E poi, a dir la verità, sono contenta che ora Dedè sia vivo. -
- Ragazzi. - Dominic richiamò la loro attenzione. - Ho trovato un biglietto per noi. -
- Cosa!? - esclamarono contemporaneamente gli altri due.
- Sembra una specie di filastrocca... La strega o chiunque sia si è nascosta e vuole che noi la cerchiamo... -
- Cioè, dobbiamo giocare a nascondino?! - chiese Alex.
- In pratica sì. Sentite:

"Gira la maniglia nel mobile
che prima non avevi visto,
fa' attenzione a girarla nel verso giusto,
fatale l'errore ti sarà.
Ripeti il nome dell'assente tre volte
e la risposta in mente ti suonerà.

La porta contraria si aprirà,
entra e percorri il corridio.
Cibo e acqua in abbondanza ci saranno:
non toccare nulla.

Un topolino affamato
buono ti sembrerà.
Lui nulla può toccare,
dagli da mangiare se vuoi continuare.

Dalla finestra nera potrai vedere la mia stanza,
la sedia a dondolo sulla quale dormo.
Di che colore è?
Solo toccando il mio cuore lo potrete sapere.

Ora il giardino potete attraversare,
e da me arrivare.
Sulla sedia è seduta una vecchia signora.
Non vi fidate delle apparenze,
non vi fidate del suo aspetto esteriore,
guardatela all'interno.

La chiave ora possiedi
per aprire la porta giusta.
Se sbagli, tutto sarà stato vano.
La risposta alla tua domanda è questa:
che cos'hanno di diverso?

Quello che cercavi è proprio di fronte a te."

domenica 10 febbraio 2008

La villa della strega - Parte 1



Era una sera buia e tempestosa: il freddo gelava anche l'anima e fuori pioveva a dirotto. È uno di quei momenti in cui mi piace stare seduto sulla mia sedia a dondolo vicino al camino, sorseggiare una bella tazza di cioccolata calda e leggere un buon vecchio libro dalle pagine ingiallite prima di andare a coricarmi.

- Beh, certo che Bram Stoker ne aveva di fantasia, vero Fred? - dissi, chiudendo il libro e volgendo lo sguardo verso di lui.
- Perché questa affermazione? Cosa sta leggendo? - mi chiese, col tono che solitamente usa quando dico qualche stupidaggine.
- "Dracula". -
- Ah... Bene... - La sua risposta non mi soddisfò per niente.
- Su, avanti, parla. Cosa ho detto di sbagliato questa volta? -
- Vede, Sognatore, lei non ha detto niente di male. È solo che, a volte, le persone danno dei giudizi troppo affrettati. Cosa intende lei per fantasia? -
Mi sentii un attimo spiazzato dalla sua domanda. - Beh, la fantasia è qualcosa che esiste solo nella nostra testa e, grazie a essa, siamo in grado di fare dei sogni meravigliosi o incubi spaventosi. -
Fred assunse un'aria da sapientone: - E non crede che, a volte, può accadere che la realtà superi la fantasia a tal punto che ci porti a considerare come fantastica una cosa reale? -
Quella vecchia cornacchia mi spiazzò per la seconda volta: - Mhh... Penso di sì... Ma cosa vorresti dire? -
- Ognuno creda a ciò che vuole! -
La sua ambiguità non faceva altro che aumentare la mia curiosità.
- Ho l'impressione che stai fremendo dalla voglia di raccontarmi una storia... Ho indovinato? -
- Assolutamente no. E poi, lo faccio per lei, che tanto ama le mie storie. -
- Uhm... Di' la verità... Hai mai vissuto una storia che ti ha veramente spaventato? -
- Non per vantarmi, ma deve sapere che io ho vissuto ogni tipo di storia. -
- Bene, allora mettimi paura. Voglio proprio vedere se ci riesci. -
- Si metta pure comodo e spenga la lanterna, ho proprio qualcosa che fa per lei. -


La villa della strega

Dominic trascorreva la maggior parte del tempo a leggere, cosa alquanto rara per un bambino di 13 anni. Credo sia stato il mio padrone più giovane... Uhm... Sì, decisamente.
Viveva con la madre e la nonna in un piccolo paese di montagna. Il padre era scomparso quando lui non aveva ancora compiuto un anno. Nessuno ha mai saputo che fine avesse fatto.

La sua corporatura esile e gli occhialoni da secchione lo rendevano soggetto agli sfottò dei soliti bulli.
- Domiiiiiiiiiinic! Scendi, la cena è pronta. - Era questa la frase che la mamma era solita gridare almeno tre volte prima che riuscisse a richiamare l'attenzione del figlio, immerso sempre nelle letture più torbide.
- Su, piccolo, non farla arrabbiare. -
- Ma, Fred, ero proprio al punto in cui Dracula azzanna Lucy... Uffà!!! -
Mi obbediva quasi sempre. Credo di aver rappresentavo per lui una figura paterna.
Aveva pochi amici, tre per la precisione: Alex, Jon e Anna. Abitavano nello stesso piccolo quartiere ed erano accomunati da una grande passione: le storie "paurose", come le chiamavano loro.
Dopo cena, si incontravano puntualmente nella piazzetta dove trascorrevano il tempo raccontandosi storie di paura scaturite dalla loro fantasia, anche se le spacciavano per vere. I loro racconti erano ispirati soprattutto alla villa disabitata che si trovava al confine del loro quartiere, vero e proprio soggetto del loro repertorio horror.
- Ragazzi, sentite questa. Mentre venivo qui in bici ho visto un tizio mascherato con una motosega che entrava nella casa. -
- Dai, Alex, ormai ne abbiamo abbastanza delle storie su quella casa. Abbiamo capito tutti che non ci abita nessuno da anni. -
Jon era il cinico del gruppo. Amava le storie paurose ma era conscio del fatto che era tutto una finzione.
Alex e Jon erano fratelli gemelli. Vestivano uguali e sempre con lo stesso stile: pantaloni, camicia a quadretti colorata e bretelle; si riusciva a distinguerli solo grazie a un neo affianco al sopracciglio destro.
- Non è vero. In quella casa c'è veramente la gente cattiva. - Anna era la credulona della situazione. Andava in giro con l'inseparabile Dedè , un maialino di peluche regalatole dalla nonna centenaria.
- Mia mamma mi ripete sempre "Stai attenta, in quella casa c'è sepolta una strega. Non attraversare mai le inferriate". - E io la credo la mia mamma! -

Era questo il gruppetto strambo di amici con cui Dominic amava passare le serate.

Prima di addormentarsi, il mio piccolo padrone era solito farmi delle domande.
- Fred, ma tu credi nelle streghe? -
- Eh eh, intendi quelli che girano nei castelli di notte e fanno rumore con le catene? -
- Ma no! Non i fantasmi. Ho detto streghe. -
A forza di sentirli parlare sempre di 'ste cose, ormai avevo le idee confuse. Era peggio di quando fui al servizio di uno stregone.
- Ah, sì, le streghe... Certo che ci credo, perché non dovrei?! -
A quella mia affermazione, si rimboccò le coperte fin sopra la testa.
- Anna ha detto che nella villa ce ne sta una. -
Era un bambino molto curioso.
- Tua mamma ti ha proibito di avvicinarti. E poi ne dicono tante su quella casa. -
Sembrava non avermi ascoltato per niente.
- Domani ne parlerò con gli altri. 'Notte Fred. -
Sentivo puzza di guai.

Erano da poco passate le 20 e, come al solito, erano tutti e quattro seduti sulla panchina vicino la fontanella della piazzetta. A scuola si erano messi d'accordo che ognuno sarebbe venuto con la sua bici.
Dominic sembrava davvero entusiasta di quello che stavano per fare.

- Allora, ragazzi. Non pensate sia l'ora di scoprire chi vive in quella casa misteriosa? -
- Ma chi ci deve abitare? È disabitata da anni. Stiamo per fare una cosa inutile. -
- Che c'è, Jon? Hai paura della strega? -
Alex amava provocare suo fratello. Quei due erano identici fisicamente ma opposti di carattere.
- Certo che no! Se c'è un fifone qui, quello sei proprio tu. -
- Ora ti picchio... -
- Smettetela! Non fate i bambini come al solito. -
Anna era l'unica capace di calmarli.
- Ma... -
- Niente ma, Alex. Sei stato tu ad iniziare. -
Erano scene molto divertenti da vedere, anche perché Jon e Alex erano entrambi infatuati dalla bella ragazzina.

Grazie alle bici, arrivarono in poco tempo fuori l'inferriata della grande villa.

- Chissà se la strega ha una scopa... -
- Oddio, spero di sì, - disse Jon, - altrimenti come farebbe a spazzare. -
Scoppiarono tutti a ridere, compreso suo fratello.
- Mia nonna dice che le streghe hanno i denti di ferro. -
- Beata lei. -
- Jon, ora basta. - gridò Dominic. - Qua stiamo rischiando la nostra pelle, non lo capisci? -
Il mio padrone si era calato perfettamente nella parte, si sentiva come il protagonista di un racconto dell'orrore.
- Sediamoci qui, per ora è meglio non entrare. -
Ormai si sentiva il leader del gruppo.


Per quasi un'ora, restarono in silenzio a fissare la casa con la speranza che qualcosa accadesse. All'improvviso, Dominic vide una luce accesa in una finestra.
- R-r-ragazzi, - quasi non riusciva a parlare dalla paura. - Vedete anche voi quella luce? -
Nessuna risposta.
- Ehi, perché non rispondete. - Si voltò e stavano tutti dormendo. - Ragazzi! - gridò, - Svegliatevi! Qualcuno ha acceso la luce! -
- Eh, come? Dove? - chiese Alex. Dal tono di voce si capiva che dormiva da almeno mezz'ora.
- Lì! - disse Dominic indicando la casa attraverso l'inferriata. - Quella finestra. -
- Ma... Io non vedo nessuna luce. -
E aveva ragione. Era tutto buio. Si svegliarono anche gli altri, curiosi di sapere cosa fosse successo.
- Vi assicuro che poco fa era accesa. -
- Ti crediamo, ma forse adesso è meglio andare a dormire, siamo stanchi. - disse Jon sbadigliando.
- No! - esclamò Dominic. - Voi non credete a quello che sto dicendo. Lì dentro c'è qualcuno, ne sono sicuro. -
- Padrone, forse per stasera è meglio andare, tua mamma si potrebbe preoccupare. -
- Non ti ci mettere anche tu, Fred. Le ho detto che avrei dormito a casa di Alex. Ora vi dimostrerò che non me lo sono inventato. -
Grazie alla sua corporatura esile, riuscì a passare tra le sbarre dell'inferriata.
- Ehi, ma sei impazzito?! - disse Anna a bassa voce, guardandosi attorno per assicurarsi che nessuno stesse guardando. - Se qualcuno ci vede siamo nei guai. -
Appena Dominic fece due passi oltre l'inferriata, la luce dietro la finestra si accese di nuovo... E stavolta tutti stavano guardando.
- Oh my God! - esclamarono contemporaneamente Alex e Jon. - La luce è accesa per davvero. -
Gli occhi del mio padrone brillarono di soddisfazione.
- Ve l'avevo detto! Non sono pazzo! - disse, rivolgendosi ai compagni. Dominic si trovò di fronte a dei volti terrorizzati... I suoi amici non riuscivano a muovere un solo muscolo del viso. Solo voltandosi di nuovo verso la casa, capì per quale motivo erano immobili.
Una misteriosa e oscura figura li fissava dalla finestra.