domenica 16 marzo 2008

Il diario di Mr Tom



Anno 1902.


13 gennaio


Questa sera mia moglie mi ha confessato di essersi innamorata un altro uomo.

Lo sospettavo. Ultimamente a letto avevo notato una certa freddezza nei miei confronti; dormiva sempre sul bordo (quasi cadeva), come se le facessi schifo.
Facevo finta di niente. Non le chiedevo nemmeno se c'era qualcosa che non andasse. Avevo paura della sua risposta.
Credo sia l'unica persona che abbia mai amato e rispettato in tutta la mia vita.
Cosa farò se mi lascerà? E i progetti che avevamo fatto insieme? Sono destinati a rimanere tali?
Non può essere. Domani è un altro giorno. La fortuna mi sorriderà.


14 gennaio

Amanda mi ha detto che l'uomo che ama è Pierre. Maledetto cane! Lo manderò in rovina. Mi ha rubato ciò che avevo di più caro al mondo. La mia vita era perfetta.
Ma perché proprio lui!? Perché si doveva scopare proprio lui?!
L'ho accettato come mio socio solo perché è un genio della mercanzia. Sono stato uno sciocco, e quel che è peggio, l'ho presentato io ad Amanda, l'ho invitato a cena a casa mia.
Domani succederà qualcosa. Amanda capirà di aver sbagliato e tornerà da me.


20 gennaio

Juliette è scomparsa. L'unica figlia che avevo non torna a casa da una settimana. Giù in paese dicono sia scappata con un ubriacone.
Le uniche due donne che mi circondavano mi hanno abbandonato. La mia vita sta andando a puttane!


31 gennaio

Piove, e fa freddo. E io sono solo. Sento di non avere più sentimenti.
Voglio restare solo per il resto della mia vita.
Diventerò ricco e potente. Il denaro sarà la mia felicità.
Le donne? Che vadano all'inferno. Non mi farò più fregare. Non approfitteranno mai più del mio denaro.


10 febbraio

Lupo solitario
perso
nella Londra labirintica.
Il vento soffie,
violento mi trascina
lontano dal cuore.
Il buio cala
e inesorabile oscura la mente
con vani numeri.
All'uscita del labirinto piango,
perso
nei meandri di un animo estraneo.


15 febbraio

Mi sto per trasferire a Luxor. Qua dentro vive una maledizione. Ah, povero lo sfortunato che verrà!

Domani darò fuoco a tutto quello che c'è in questo tugurio! Solo i miei cari specchi saranno risparmiati.


28 febbraio

Londra, me ne sto andando. Mi hai preso a pugni nello stomaco, mi hai lacerato il cuore, ma mi hai fatto crescere.
Quanto sei triste, città maledetta! Sei triste, come me. È per questo che ti odio. Non sopporto chi mi assomiglia.
Pian piano, senza fartene accorgere, trasformi le persone in automi, facedogli credere di essere indipendenti. Ma non è così. Non fai altro che rubare la loro anima, allontandole dalle persone a loro care. È per questo che Amanda ha trovato un altro uomo. Io facevo la stessa cosa. Io stesso non ho più un'anima. Sono morto dentro.


10 marzo

Mi sveglio piangendo, raggomitalato su me stesso, in un letto non mio.
Mi affaccio alla finestra. Fuori piove incessantemente.
Nel vetro vedo riflesso un viso che non mi appartiene. Mi sorride.
Alle mie spalle non c'è nessuno.
Ora c'è una maschera ricoperta di sangue. Molto probabilmente sotto c'è la mia faccia, ma non ne sono sicuro.
Mi strofino l'occhio col dito, ma quello che vedo è inquietante: non ho la mano.
La cosa che mi angoscia di più, però, è un'altra: non ho paura, mi comporto come se niente fosse.
Butto lo sguardo sull'altro braccio, ma non c'è più.
È così. Annullo tutto quello che guardo, tutto ciò che mi sta vicino.
Sto scomparendo, tra poco non esisterò più. Ma forse, in realtà, non sono mai esistito.
Che razza di sogno.


15 marzo

Sono le 5. È un altro giorno di merda. Non dormo più ormai. Stanotte una cornacchia è apparsa dal nulla e ha iniziato a farfugliare fesserie.
Un certo Morpheus l'avrebbe mandato da me. "Sono qui per salvare i tuoi sogni", ha detto. Forse sto impazzendo.
Sognare. A cosa serve? Crea solo false speranze. La gente deve imparare a viverla, la vita, e non a sognarla.
La vita è ti prende a calci, a pugni nelle costole, ti sfianca poco alla volta.
Senza che te ne accorgi, un giorno ti guarderai allo specchio e tutto quello che vedrai sarà la maschera di uno sconosciuto. Ti volterai indietro e capirai che non hai fatto altro che inseguire sogni mai avverati. Magari non tuoi.
Ti renderai conto che hai passato la vita a cercare di conoscere le persone che ti stanno attorno, ma non conosci te stesso.
E sarà troppo tardi. È sempre troppo tardi.

domenica 9 marzo 2008

La villa della strega - Parte 3



Il gioco

Dominic fissò il foglio in silenzio per almeno cinque minuti.
- Ma che diavolo di filastrocca sarebbe?! - Alex era alquanto infuriato. - Mi sembra di essere capitato in uno di quei racconti horror di quarta categoria. -
- Che dobbiamo fare, Domi? - gli chiese Anna preoccupata.
Il mio padrone era più risoluto che mai, anzi, a dir la verità, sembrava che la situazione iniziasse a piacergli.
- "Gira la maniglia nel mobile che prima non avevi visto... " - ripeteva in continuazione guardando nel mobile dove avevano trovato il Dedè.
- Ragazzi, vedete una maniglia, voi? -
Nessuno la riusciva a trovare.
- Qui non sembra esserci proprio niente. - disse il gemello, con la testa infilata nel mobile.
- Ma... Eppure deve esserci, il messaggio parla chiaro! - esclamò convinto il mio padrone, prendendo il foglio dalla tasca: "Gira la maniglia nel mobile che prima non avevi visto..."
Qualcosa gli suonava strano. - Un momento... Qualcuno controlli in qualche altro mobile. -
Alex aprì frettolosamente gli altri mobili fino a quando... - Bingo! -
- Evviva! - gridarono tutti insieme, - L'abbiamo trovata! -
- Ehi, piccoli, non cantate vittoria! Guardate che avete fatto solo il primo passo verso! -
- Ma sta' zitto, Fred! Facci gioire! -
- Mpf! -
Era per questo che non parlavo mai con quei ragazzacci.

- Ora ragioniamo un po' sulla prossima cosa da fare: "Fa' attenzione a girarla nel verso giusto, fatale l'errore ti sarà. Ripeti il nome dell'assente tre volte e la risposta in mente ti suonerà."
- Beh, l'assente dovrebbe essere Jon. - ipotizzò giustamente Anna. - Uhm... Però, ripetendo il suo nome per tre volte... Perché mai dovremmo riuscire a capire la direzione in cui dobbiamo girare la maniglia? -
- Io sono suo fratello. Forse la soluzione suonerà nella mia mente. -
Quella mi sembrava una cosa poco probabile.
- Allora vado. - Chiuse gli occhi Jon... Jon... Jon... -
Come pensavo, niente accadde.
- Interessante. - sussurrò Dominic toccandosi il mento e alzando il sopracciglio sinistro. - Jon... Deve assomigliare a qualche parola che ci può far capire la direzione. In questo caso, ne sono due: su e giù. Uhm... Jon-Jon-Jon... Jon-Jon-Jon... Jon-Jon-Jon... Jon... Gi... -
Il mio padrone si bloccò all'improvviso.
- Ma... Come abbiamo fatto a non pensarci subito!? - disse rivolgendosi agli altri.
- Ragazzi. Jon-Jon-Giù... La direzione verso cui dobbiamo girare la maniglia... -
Senza neanche finire di spiegare, abbassò la maniglia e... Una porta dall'altro lato della cucina si aprì.
Si guardarono stupiti. Lo scricchiolio prodotto dalla porta assomigliava molto al suono di una voce stridula che diceva "Entraaaate". Ma, non intimoriti, corsero verso la porta.

Ai lati del corridoio in cui entrarono c'era ogni tipo di prelibatezza.
- Wow! Ma dov'è che siamo?! Nel corridoio dei balocchi?! - disse sbalordito Alex.
- Ehi, non facciamoci fregare, non dobbiamo toccare niente. - gli ricordò Dominic.
- Accipicchia! Che peccato... - sospirò Anna, stringendo al petto il suo maialino che si dimenava alla vista di tutto quel cibo. - Statti fermo, Dedè! - gli rimproverò.
- Secondo la filastrocca, incontreremo un topolino e dovremo dargli da mangiare. - disse guardando il foglio.
Iniziarono a camminare fino ad arrivare alla fine del piccolo corridoio, ma del topo nessuna traccia.
- Dev'essere qui da qualche parte. - insisteva Dominic.
Mentre lui e Alex percorrevano avanti e indietro tutto il corridoio, Anna era alle prese col suo maialino affamato.
- Ora basta! Ti preferivo quando eri un peluche! -
Fu in quel momento che riuscì a liberarsi della morsa della sua padrona e corse verso la montagna di cioccolata ammucchiata vicino l'entrata.
- Aargh! È scappato! -
- Oh no! Dobbiamo impedirgli di toccare il cibo! - Il mio padrone fece uno scatto da centometrista e si scaraventò su Dedè, afferrandolo per la coda.
- Mio dio! Sembra indemoniato! Si vede che non ha mai mangiato! - disse Alex ridacchiando.
- Qualcosa non quadra... - sospettò Dominic. - Perché Dedè non si è buttato sul pollo? Perché mai un maiale dovrebbe preferire la cioccolata? -
Prese il foglio che aveva in tasca: "Un topolino affamato buono ti sembrerà. Lui nulla può toccare, dagli da mangiare se vuoi continuare."
- Spremi le meningi, spremi le meningi. - ripeteva tra sé e sé, fino a quando la lampadina si accese.
- Ragazzi, spostatevi. - Corse verso la cioccolata e guardò il mucchio con occhio vigile.
- Eccolo! Ce l'ho fatta! - esultò. - Guardate lì. - disse eccitato puntando il dito verso il mucchio.
- Ma quello è un topolino bianco! - esclamò Anna.
- Probabilmente è Galak. Fallo mangiare all'affamato Dedè. -
- Ma non possiamo toccare il cibo. - ribattè la dolce ragazzina.
- E qui sta il trabocchetto. - disse Dominic trionfante. - Non possiamo toccarlo, è vero, ma nessuno ha detto che non possiamo mangiarlo... -
Alex rimase di stucco. - Sei un maledetto genio! -
E così Anna avvicinò Dedè al topo. Ne fece un sol boccone.

- Gnam gnam gnam. -

In quello stesso istante, un'immensa finestra nera, grande quasi mezza parete, si materializzò nella parete di fronte a loro.
- Evviva, evviva! - esultarono tutti insieme.
- Da qui dovremmo riuscire a vedere la stanza della strega. -
Si avvicinarono alla finestra dalla quale riuscivano a vedere una stanza leggermente illuminata. Al centro c'era una sedia a dondolo. La distanza e la luce soffusa rendevano impossibile distinguerne il colore.
- Sembra grigia. -
- No, è marrone. -
- Uhm... Di sicuro è un colore scuro. - era certo Dominic. - Cerchiamo di ragionare. - disse rivolgendosi agli altri.
- Allora, "Dalla finestra nera potrai vedere la mia stanza, la sedia a dondolo sulla quale dormo. Di che colore è? Solo toccando il mio cuore lo potrete sapere." -
- Andiamo, non ha senso. - disse il gemello arrabbiato. - Come facciamo a toccare il suo cuore se nemmeno possiamo vederla? -
- Questa volta ha ragione. - intervenne Anna. - Mi sembra assurdo. -
Dominic assunse l'ormai consueta posizione: si appoggiò al muro, alzò il sopracciglio destro e iniziò ad accarezzarsi il mento.
- Sicuramente tutto gira intorno alla parola "cuore". - pensò ad alta voce. - Cuore, cuore. -
- Non ti scervellare, genio. Questa volta ci ha fregati. - disse l'amico pessimista.
- Ehi, ragazzi. - Anna richiamò la loro attenzione. - Quello non è un cuore? -
Un piccolo cuore era disegnato sul muro proprio di fronte alla grande finestra.
- Porca vacca! Maledetta strega! -
Alex si avvicinò al disegno. Non dovevano far altro che toccarlo per risolvere l'enigma. - Anna, sei stata tu a vederlo. Sta a te toccarlo. - disse.
La ragazza si avvicinò e senza timore appoggiò la mano sul cuore. L'ansia per l'attesa cresceva sempre di più, ma nulla accadde.
La stupore era sul volto di tutti loro.
- Diamine, perché non succede niente? -
Per la prima volta dalla faccia del mio padrone traspariva completa mancanza di idee. Tutto ciò che fece fu appoggiarsi affianco al cuore. Fu uno di quei casi in cui, come si dice, "Quando Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto".
- Oh mio dio! -
- Che c'è, Domi? -
- Venite subito vicino a me e guardate la finestra. -
Gridarono - Uaooooo! - tutti inseme.
L'immensa finestra era a forma di cuore. Ed era nera.
- La sedia a dondolo è nera! -
Un violento soffio di vento spalancò la finestra.

Attraversarono velocemente il giardino ed entrarono nella stanza che avevano visto dalla finestra. Come predetto, una vecchia stava dormendo sulla sedia a dondolo: aveva un viso a forma di uovo, i pochi capelli spennacchiati nascosti sotto il suo cappello, il naso a punta e gli occhi neri come la pece. La cosa più impressionante, però, era la sua pelle: piena di rughe, sembrava una vecchia lenzuola ingiallita stropicciata.
- Uaaao! - sussurrò Anna. - La famosa strega. Mia nonna non mentiva. -
- Ehi, sta' zitta senò si sveglia! -
Alex non si accorse che, in realtà, non stava dormendo.
- Lo sono già, piccoli miei! - disse una voce rauca, debole e ridente.
- Hhhaaaaaaaaa! - Presi dal panico, se la diedero a gambe, ma la finestra da cui erano entrati era chiusa, e non c'era alcuna presenza di porte.
- Aiuto, aiuto! - gridò Alex, tirando pugni alla porta.
- È inutile. Nessuno vi può sentire. - ridacchiò la strega.
I tre ragazzi erano spalle al muro (nel vero senso della parola) e la guardavano terrorizzati.
- Che bravi bambini, siete arrivati fin qui. Avvicinatevi, così posso strapparvi quella pelle candida e liscia da dosso! - disse aumentando man mano il tono della voce.
Mentre Anna cominciò a piangere e Alex non riusciva a stogliere lo sguardo dalla vecchia, il mio padrone prese il foglio dalla tasca e lo lesse per l'ennesima volta.
- Uhm... Interessante. - borbottò.
Sembrava sempre più Sherlock Holmes.
- Amici, ascoltatemi un momento. - disse afferrandoli e tirandoli verso di sé.
- Tu, pel di carota! Sarai la mia prima vittima! -
- Non ascoltatela. Probabilmente non può neanche muoversi da quella sedia. -
- Ora basta! Andatevene, o sarà peggio per voi! - continuò a minacciare.
- Non la state a sentire. È un altro trabocchetto. - Dominic era più che convinto. - Nessuno ha mai detto che quella vecchia è la strega. Leggete qua:
"Sulla sedia è seduta una vecchia signora. Non vi fidate delle apparenze, non vi fidate del suo aspetto esteriore, guardatela all'interno."
- E così l'avete scoperto! - disse la voce alle loro spalle. - Provate ad avvicinarvi... Vi faccio secchi! Ahahahah! -
La sua risata echeggiò fastidiosamente.
- Non ci fai più paura!- Alex si fece avanti. - Sei solo una vecchia. -
- Tu... Come osi?! Moscerino che non sei altro! -
Mentre si dibatteva sulla sedia cercando invano di muoversi, feci un'osservazione che mi fece guadagnare la stima di tutti.
- Ehi, ragazzi, ma mi sbaglio o attaccata al suo collo c'è una minuscola zip? -
La vecchia si ammutolì, metre li altri rivolsero lo sguardo verso il punto da me indicato.
- Hai ragione, Fred... - Fu la prima volta che il gemello non mi mandò a quel paese.
- Un momento. - Era inerme e in preda al panico.
Dominic si avvicinò alla vecchia e afferrò la zip.
- Ehi, fermati, ti prego. - gli supplicò. - Che vuoi farmi? -
- "Guardarti dentro!" - Tirò giù la zip.
- Fermo, aspetta, nooooo! - Furono le sue ultime parole.
Tutti rimasero impietriti alla vista delle "interiora" della vecchia...

Paglia. Semplice paglia.
- Ma era solo un fantoccio! - esclamò Anna.
- A quanto pare sì. Dev'essere stata opera della vera strega. -
Ormai erano vicino alla soluzione dell'enigma. Dominic non perse tempo e iniziò a frugare tra la paglia in cerca della chiave.
- Eccola! - gridò vittorioso.

In quel medesimo istante, apparvero due porte nella parete dietro la sedia a dondolo.
Sulla porta alla loro destra c'era un cartello con su scritto "Oen", mentre su quella a sinistra "Two".
- Bene, ci siamo! Dietro una di queste porte ci dovrebbe essere Jon. -
Alex si avvicinò precipitosamente alle porte.
- Ehi, la strega non sa neanche un po' di inglese. Guadate come ha scritto "One". -
Il mio padrone rimase alquanto perplesso.
- Fratello, sei lì dentro? -
Nessuna risposta.
- Domi, come facciamo a sapere dov'è? -
- "La chiave ora possiedi per aprire la porta giusta. Se sbagli, tutto sarà stato vano. La risposta alla tua domanda è questa: che cos'hanno di diverso?" - lesse ad alta voce.
Alex si alterò: - Ma queste porte sono esattamente identiche! -
- Su questo non c'è dubbio. L'unica cosa in cui differiscono sono le parole sul cartello. Ma non mi viene in mente niente. -
- E se si sta riferendo a qualche altra cosa? - intervenne Anna. - Cioè, "che cos'hanno di diverso" a cos'altro potrebbe riferirsi? -
Dominic spalancò gli occhi. - Oh caspita. Ho capito tutto! -

- Alex, cos'avete di diverso tu e Jon? - chiese frettolosamente.
- Beh, lo sai, il neo sul... -
- Fermo là. - lo interruppe Dominic. - Neo. -
Nessuno capiva dove volesse arrivare.
- Cosa c'è scritto sulla porta a destra? -
- "One". - rispose Anna.
- Sbagliato. L'errore è stato fatto apposta... C'è scritto "Oen", che letto al contrario... -
- Neo! - gridò Alex. - È quella la porta giusta! -
Dominic infilò immediatamente la chiave nella serratura e...

- BUBUSSETTETE! -

Una bambina nascosta dietro la porta li spaventò a morte.
Era molto bella, sembrava un angioletto. I suoi capelli splendevano come l'oro e gli occhi erano chiari e penetranti.
- Che mi venga un colpo! - esclamò Alex. - E tu chi sei? -
La bambina non rispondeva e li osservava sorridendo.
Seduto su una potrona vicono la finestra c'era Jon. Sorseggiava tranquillamente una tazza di tè.
- Finalmente mi avete trovato. -
Alex gli stava correndo incontro per abbracciarlo quando, a quelle parole del fratello, si fermò. - Brutto irriconoscente che non sei altro. Dovresti ringraziarci! -
Tutti scoppiarono in una grande risata.
- Non cambieranno mai. - A quel punto Dominic si avvicinò alla ragazza.
- Dicono che in questa casa ci sia una strega. -
- Sì, sì. - finalmente parlò. - Da più di settecento anni. -
- Sei tu, vero? - le chiese Anna prendendo la sua mano. Era gelida.
- Io stavo giocando a nascondino, sapete, è il mio gioco preferito, - cominciò a raccontare, - quando arrivarono molte persone dal villaggio che mi trascinarono giù in piazza, dove mi legarono a una fontana.
"Sei una strega!" gridavano tutti insieme. A un certo punto, la signora Brigitta, la più pettegola, grassa e antipatica del villaggio, si avvicinò a me e disse, rivolgendosi alla gente in piazza, che

"mio figlio non riesce più contare oltre il dieci! Gli si blocca la lingua se cerca di andare oltre, e tutto per colpa della magia di questa piccola strega!"

Fu così che mi legarono una corda al collo e mi impiccarono, dicendo che se ero una strega non sarei morta. -
- Uao! E non ti facesti niente? - chiese Dominic affascinato dal suo racconto.
- Certo. Sono morta. Guarda qua. -
Alzò la testa e tutt'intorno al collo aveva ancora il livido lasciatole dalla corda.
- Ma allora non sei una strega. - disse Alex.
La ragazza lo fissò con occhi luccicanti da fantasma.
- Certo che lo sono. Lo scoprirono quando mi liberarono e mi misero a sedere su una panchina. Tutti mi credevano morta, ma io aprii gli occhi e maledissi tutti coloro che erano presenti: li trasformai in tanti bei gatti. Ahhh, - sospirò, - quanto li amo i gatti. Comunque la maledizione mi riuscì abbastanza facilmente. -
- A-allora tutti quei g-gatti in giardino... - balbettò Dominic terrorizzato.
- Non ti spaventare rossino. Hanno avuto quello che si meritavano. E poi, in realtà, grazie a me sono vissuti centinaia di anni. Mi hanno tenuto compagnia per molto tempo. -
Tutti la guardavamo spaventati.
- M-ma... - continuò Dominic, - perché te ne stai sempre rinchiusa in questa casa? -
- Eh, chiedetelo a mia mamma. Per punirmi di essermi fatta scoprire mi ha rinchiuso qui dentro per mille anni. Ma che colpa ne ho? Il figlio della signora Brigitta barava sempre, non contava mai fino a dieci. Volevo solo dargli una lezione. -
La strega cominciò a roteare su se stessa e a saltellare in giro per la stanza.
- Oggi, però, grazie a voi, mi sono divertita. Non giocavo a nascondino da anni. -
S'interruppe poi e assunse un'aria malinconica.
- Ma purtroppo ora voi andrete via... -
Sembrava così triste.
- Beh, - disse Dominic, - noi abitiamo qui vicino. Magari qualche volta potremmo tornare e giocare a nascondino tutti insieme? -
- Davvero? - chiese entusista.
- Sì, sì. Così non sarò più l'unica ragazza del gruppo. - disse abbracciando tutta contenta Dedè.
- Certo, d'altronde anche se hai settecento anni, sei proprio carina. -
- Sei il solito scostumato, Alex. - disse Jon tirandogli un ceffone.
- Ahah! Come siete divertenti. -
- Allora siamo tutti d'accordo. Ti verremmo a trovare. - concluse Dominic. - Ora dobbiamo andare, senò le nostre mamme mettono anche noi in punizione per anni. -
La fece sorridere ancora.

Li accompagnò alla cancellata di ferro.
- A presto. -
I ragazzi salirono sulle rispettive bici e se ne stavano per andare quando Dominic si rese conto di non avergli chiesto nemmeno il suo nome. Si voltò così per chiederglielo ma lei era già sparita.
- Sarà per la prossima vota. - disse tra sé e sé dando una forte pedalata. - Trecento anni sono lunghi. -