mercoledì 26 settembre 2007

Il gatto di Mr Philip - Parte 5



Nei panni di un gatto


Quest’ultima affermazione fece dimenticare al mio padrone il modo in cui Figaro l’aveva chiamato.
- Co-come? Per l’amor di dio, ditemi che è uno scherzo. -
- È tutto vero! - , esclamò alle nostre spalle una voce che non mi sembrava del tutto estranea.
Il suo mantello doppio blu-grigio e quei magnifici occhi verdi a mandorla erano inconfondibili.
- Nikki! – gridò Zula dallo stupore, - Che ci fai qui? –
- Sono venuto a controllare che tutto vada per il verso giusto. –
Subito mi ricordai che era tanto bello quanto irritante e presuntuoso.
- Cari intrusi, dovete sapere che una volta entrati nel nostro regno è possibile uscirne solo con le sembianze di un gatto. -
- Oh, m-mio dio! - balbettò Mr Philip.
- Cosa c’è? Ne dovresti essere onorato! Finalmente non sei più una lurida scimmia e appartieni ad una razza nobile. - disse in tono offensivo.
- Ma noi siamo arrivati qui solo per caso. Non potete farci questo! -
- Ora basta! - urlò il maestoso gatto, - Il Re mi ha dato ordine di condurvi fuori dal regno quando avete finito qua dentro! Sbrigatevi! Vi attendo nel corridoio. -
Appena uscì dalla cella, Figaro continuò a parlare come se niente fosse accaduto.
- Ormai l’errore è stato fatto. Non puoi far altro che accettare il tuo nuovo corpo. Ti assicuro che ti ci abituerai, è solo questione di tempo. Almeno per me è stato così. -

All’ascoltare quelle ultime parole, l’espressione del piccolo volto baffuto di Mr Philip mutò radicalmente: non sembrava più arrabbiato, era quasi commosso e quasi non riusciva a parlare.
Lo sentii borbottare:
- Sì, sicuramente… Philly… Solo lui mi chiamava così… Ma come può essere?! -
- Padrone, ma che sta succedendo? – gli chiesi.
- Fred, è lui… -
- Lui chi? -
Incurante della mia domanda, si rivolse verso Figaro: - Sei mio padre, vero? -
Quando Figaro alzò lo sguardo che tenne abbassato per alcuni istanti, stava piangendo e disse singhiozzando:
- Sì, sono papà. -

Fu una scena commovente: Mr Philip corse verso il padre ritrovato e lo scaraventò a terra con un abbraccio travolgente.
- Perché non sei più tornato, papà? Avevi detto che sarebbe stato solo un piccolo viaggio. -
- Non ti ho abbandonato, figliolo. Come ti stavo dicendo prima, volevo aiutarti a decollare e sono finito qui. -
- Ma cos’è successo dopo che hai preso la pillola del “non ritorno”? –
Figato continuò così a raccontare la sua storia.
- Ah, già, ero rimasto proprio lì. Dunque, andai nella stanza segreta dove erano nascoste le pillole, ne presi una e la ingerii senza pensarci due volte. Diventai, così, un bel gatto siamese, abbastanza agile e scattante, considerata la mia età.
Mi diressi di corsa verso la biblioteca, dove presi “in prestito” alcuni dei libri che avevano riscosso più successo: “Se una notte d’inverno un gatto”, “I gatti sposi”, “I mille e un gatto”,“Quella sporca nottata” e molti altri.
- Visto che non vi stavo prendendo in giro quando vi ho detto che quel libro era stato scritto da qualcun altro? – disse Zula con soddisfazione come se non aspettasse altro che quel momento.
Il mio padrone era ammutolito, non sapeva cosa dire.
- E cosa facesti poi? – chiese al padre.
- Riuscii a uscire inosservato dal regno e a tornare nel nostro mondo. In un modo o nell’altro, dopo mille avventure e disavventure, arrivai a Londra, dove il folle caso volle che fosti proprio tu a raccogliermi mentre una sera stavo rovistando in un bidone della spazzatura. -
- Caspita, è vero! È proprio da quel giorno che la mia carriera iniziò a decollare. - disse con un tono nostalgico e malinconico.
- Eh. Fu così che, grazie a uno degli effetti della pillola del “non ritorno”, ti trasmisi in sogno le storie dei libri che avevo rubato. Fino a quando, ahimè, i gatti spioni hanno riferito alle guardie dov’ero e mi hanno catturato. -
- Ma… Papà… Perché non ti sei fidato di me? Avrei potuto farcela anche senza il tuo aiuto. -
- Avevo paura, figliolo. Paura che saresti diventato un fallito come me. -
- Ma non lo sei! - obiettò Mr Philip bruscamente. - Per me tu sei il migliore! –
Durante l’ennesimo abbraccio tra i due, Zula disse che era ora di andare. Dovevamo tornare nel mondo degli umani.
- Ti prego, fai venire anche mio padre con noi. – supplicò il mio padrone.
- Quello che chiedete è impossibile. – disse il gatto in modo secco e deciso. – Vedete, vostro padre è il creatore del nostro mondo, è il nostro dio. I gatti lo venerano, non possiamo lasciarlo andare via. Ciò scatenerebbe il caos e il popolo andrebbe in subbuglio. -
Rimanemmo di stucco a quelle parole.
- Non ti preoccupare per me, Philly. Anche se sono rinchiuso qui, vengo trattato abbastanza bene. E non cercare di tornare perché, una volta usciti, sarà difficilissimo se non impossibile, dato che le porte sparse per varie parti del mondo che permettono di entrare qui sono poche e possono essere usate una volta sola. -
Il mio padrone iniziò a emettere un miagolio stridente: era un pianto di dolore.
- Allora ci dobbiamo lasciare di nuovo, papà? Non voglio perderti di nuovo. -
- Su, non sei più un essere umano, ora sei un gatto, imparerai a cavartela da solo. -
Vi fu un ultimo abbraccio, il più lungo di tutti.

Mentre Figaro ritornava a rannicchiarsi in fondo alla cella, improvvisamente Zula ci sussurrò:
- L’unica soluzione sarebbe trovare la cosiddetta “bibbia” e portarla al suo creatore… -
- La bibbia? - chiese perplesso Mr Philip.
- Sì. Il romanzo che ha scritto vostro padre è la nostra bibbia. È custodita nella cassaforte della stanza del Re. -
- Ma… Allora c’è ancora una speranza?! – esclamò aumentando leggermente il tono.
- Shhh! Nikki è fuori la porta, non fatevi sentire. – disse Zula a bassa voce, - Non posso dirvi nient’altro. Ora verrete accompagnati nel vostro mondo. Che la fortuna sia con voi. -
Mr Philip lo ringraziò con una stretta di zampa.
- Grazie per l’aiuto, amico. Non lo dimenticherò. -
- È la prima volta che tradisco la fiducia del Re, spero di averlo fatto per una buona causa. -

Appena Zula chiuse a chiave la porta della cella, Nikki ci ordinò di seguirlo, uscimmo fuori la sala degli scrittori falliti e ci dirigemmo nella direzione dalla quale eravamo arrivati.
Quel gattaccio antipatico non ci rivolse nemmeno una parola per tutto il percorso, e quando arrivammo all’uscita disse - E non fatevi più vedere! – , sbattendoci la porta in faccia.

Come sapevamo, la porta dentro l’armadio da cui eravamo riusciti a entrare nel loro mondo era scomparsa, ma Mr Philip non si perse d’animo, sembrava più determinato che mai, nei suoi occhi vedevo una luce nuova.
- Fred, dobbiamo trovare un modo per liberare mio padre. La prima cosa che dobbiamo fare è andare a casa sua e trovare appunti o qualsiasi cosa sia legato al suo romanzo. Dobbiamo assolutamente sapere dove si trova una porta per ritornare nel regno dei gatti. – disse con aria decisa e risoluta anche se… - Ne ho fin sopra i baffi di questa storia! - … Iniziava già a parlare come un gatto.

lunedì 17 settembre 2007

Il gatto di Mr Philip - Parte 4

La pillola del "Non ritorno"

Era una sala enorme illuminata dalla luce che penetrava prepotente da due grandi finestre. Al centro c’erano dei tavoli rettangolari ai quali erano seduti dei gatti intenti alla lettura.
- Ma questa cos’è, la stanza della lettura? - chiese Mr Philip guardandosi attorno.
- Non direi proprio. - rispose Zula, - Guardi meglio, quello che stanno fissando non sono esattamente libri… -
Incuriositi, ci avvicinammo a uno dei tanti tavoli sparsi per la stanza ed, effettivamente, ci accorgemmo che quello che guardavano con tanta attenzione non erano nient’altro che delle pagine bianche.
Il mio padrone si rivolse ai gatti alquanto perplesso.
- Ehi, che succede qui? Ma che state facendo? -
- Solo questo ci mancava! Qualcuno che ci distraesse. – urlò colui che sembrava il più anziano, - Ci lasci lavorare, per favore. Qui siamo a corto di idee. -
- Ma che diav… -
- Ehi, amico, vieni un attimo qui. - sussurrò rivolgendosi a noi un gatto gigantesco seduto all’altro lato della stanza. - Avete qualche idea da suggerirmi per scrivere una bella storia? -
Mr Philip mi guardò, accennando a un sorriso.
- Beh, io sono uno scrittore, ma così su due piedi non mi viene in mente niente. -
Zula iniziò a irritarsi un po’.
- Ora basta, è ora di proseguire. E tu - disse al gattone che ci aveva chiamato – torna al tuo lavoro e cerca di scrivere qualcosa di interessante. -
Ci stavamo dirigendo verso la porta in fondo alla stanza, quando Mr Philip chiese a Zula perché quei gatti guardassero in continuazione dei libri con pagine bianche.
- Sono degli scrittori falliti… Non sono capaci di inventare storie ma si ostinano a voler diventare scrittori. -
- Ma cosa c’entro io con tutto questo? Perché siamo venuti qui? -
- Continuate a seguirmi, tra poco capirete tutto. -

Entrammo, così, nell’ennesimo corridoio. Questa volta, però, c’era qualcosa di diverso: le porte ai lati erano minuscole; era ovvio che erano fatte apposta per i loro simili.
Giungemmo infine dinanzi una porticina su cui pendeva un cartello con scritto “Cella 33”.
- Fermi! Siamo arrivati. -
- Cella 33? – disse ridacchiando Mr Philip, - Ma cos’è, siamo in una prigione? -
- Sì. – rispose Zula, – Come avrà notato, però, la porta è a misura di gatto. Per entrare dovrà ingerire questa pillola. -
Allungò la pillola che reggeva nella sua zampa verso il mio padrone, il quale, prima di ingerirla, chiese quali erano i suoi effetti.
- Purtroppo non mi è concesso rispondere a questa domanda. Le posso solo dire che l’unico modo per entrare nella cella è ingerirla. È tutto quello che deve sapere. -
Mr Philip la guardò titubante e, dopo aver titubato per un attimo, ingerì la pillola del “Non ritorno”. Sì, era proprio così che veniva chiamata e, ahimè, quando scoprimmo il motivo era troppo tardi.
Appena la inghiottì assistetti a una scena che mi fece rimanere a becco aperto: le mani e i piedi del mio padrone si rimpicciolivano insieme al corpo che diventava sempre più peloso. Ad un certo punto fui colto da una paura che si materializzò l’istante successivo: Mr Philip era diventato un gatto persiano, grigio, grosso e abbastanza grasso.
- Cosa diavolo mi hai combinato?!! – urlò Mr Philip in preda al panico, guardandosi le zampe e girando attorno a se stesso fissandosi la coda.
- Solo in questo modo è possibile entrare nelle celle. –
Il mio padrone sembrava veramente spazientito, tanto che pensai che avrebbe subito usato i suoi artigli su di me per sfogare la sua rabbia.
Vedendolo in quelle condizioni cercai di calmarlo: - Padrone, si calmi, andrà tutto per il verso giusto. -
- Come posso calmarmi, Fred! Non mi vedi?! Sono un gatto! Un gatto!! Oh, mio dio, è la fine!!! -
Non sapevo cosa fare per tranquillizzarlo, stava uscendo fuori di senno:
- Ok, sto bene, sono sereno. Ora sono un gatto, non vedo qual è il problema. Mi farò accudire da una bella famigliola, mangerò, dormirò e non dovrò più lavorare. Sarà questa la mia vita d’ora in poi! -
- Non creda che noi gatti non lavoriamo. – replicò, offeso, Zula. - Ora basta perdersi in inutili chiacchiere. - Aprì la porticina e finalmente entrammo.

Un po’ ce l’aspettavamo, ma la sorpresa fu comunque grande quando vedemmo che in fondo alla cella c’era Figaro.
Gli occhi di Mr Philip si fecero a palla e istantaneamente si inondarono di lacrime.
- Ohhh, Figaro! Sei proprio tu?! -
Come al solito, stava dormendo rannicchiato su se stesso.
- Sì, è lui. - disse Zula, - È rinchiuso qui perché molti anni fa si introdusse di nascosto nel nostro mondo e scappò dopo aver rubato storie di scrittori molto importanti. -
- L’ho fatto per una causa per me molto importante, e voi lo sapete. - disse Figaro stiracchiandosi senza aprire gli occhi.
- Sua maestà il re esige il massimo rispetto per le regole che vigono nel nostro regno. –
- Si può sapere di cosa state parlando? – urlò all’improvviso il mio padrone.
- Bene, è venuto il momento che tu sappia. Ascolta la mia storia.

Il mio sogno è sempre stato quello di diventare uno scrittore, ma, purtroppo, non sono mai stato bravo a scrivere, tanto meno a inventare storie. Mio figlio mi ammirava molto, leggeva tutto ciò che scrivevo, e gli piaceva davvero. Anche lui decise, così, di intraprendere la dura strada dello scrittore. Purtroppo, però, i suoi primi lavori non coincidevano con i gusti del pubblico e la carriera stentava a decollare. –
- Questa storia mi sembra di averla già sentita… - pensai.
Il mio padrone era immobile ad ascoltare il suo gatto affezionato, sembrava non fosse ancora in grado di controllare il suo nuovo corpo.
Figaro continuò a raccontare la sua storia.
- Non potevo sopportare l’idea che anche mio figlio patisse le mie stesse sofferenze e portasse sulle sue spalle il fardello di scrittore fallito. Fu così che un giorno mi venne in mente di scrivere un romanzo e pubblicarlo facendolo spacciare per suo.
Nel libro descrissi, in una maniera che più dettagliata non si può, di un regno fantastico dominato dai gatti, una vera e propria civiltà. Inventai così gatti spioni, gatti cavalieri, dame di corte, il Re severo e anche te, Zula, certamente uno dei personaggi con più personalità.
Una mattina accadde, così, una cosa incredibile: mentre prendevo la giacca dall’armadio, notai un pomello all’interno.
“Non è possibile, sembra la porta che porta al mondo dei gatti che ho descritto nel mio libro!”, pensai. Girai il pomello e… Il regno da me inventato si era materializzato!
Ripresomi dallo shock iniziale e resomi conto che non stavo sognando, mi balzò in mente un’idea: dovevo rubare i racconti dei gatti scrittori più importanti e darli in qualche modo a mio figlio. Essendo io il creatore di tutto, conoscevo esattamente dove andare per non essere scoperto.
Arrivato dinanzi alla porta della biblioteca, però, mi venne in mente una cosa che rovinò i miei piani: per entrare in alcune stanze bisognava prendere la cosiddetta pillola del “non ritorno”.
- Ma perché si chiama così? – chiese, allarmato, Mr Philip.
- Vedi, Philly… -
All’improvviso il mio padrone sobbalzò! Solo una persona lo chiamava a quel modo, e un sospetto iniziava a nascere in lui.
- Una volta ingerita quella pillola non è più possibile tornare umani. -