mercoledì 25 luglio 2007

Il gatto di Mr Philip - Parte 2




Il mondo dei gatti


I miei dubbi svanirono completamente quando sentii un rumore provenire dall'armadio.
- Sentito, Fred? C'è qualcuno là dentro! - disse Mr Philip a bassa voce, - Su, aprilo! -
Non c'è niente da fare, le cose più pericolose toccano sempre a me. Mi avvicinai così all'armadio senza battere ciglio.
Conscio del fatto che se dentro ci fosse stato Figaro avrebbe potuto farmi qualche dispetto, aprii molto lentamente lo sportello arrugginito dell'armadio, provocando un rumore stridulo come quello di una vite che penetra nel ghiaccio.
L'attesa sembrava infinita e, quando finalmente aprii lo sportello per intero, io e il padrone sbarrammo gli occhi per vedere chi o cosa ci fosse dentro.
- Non c'è nessuno! - Mr Philip, sorpreso dinanzi al vuoto, iniziò a sclerare nel bel mezzo della notte: - No, non è possibile! Sono sicuro di averlo visto! Non sono pazzo, devi credermi, Fred! Mi guardava con i suoi grandi occhi. -
- Padrone, forse è stato semplicemente un sogno. Non è successo niente di grave. Si sdrai sul letto e si riposi. -
- Non trattarmi come un imbecille! Non mi sdraio su un bel niente! Io l'ho... -

- MIAO! -

Ci guardammo sconvolti e volgemmo subito il nostro sguardo di nuovo verso il vecchio armadio: non vedemmo nessuno, ma non c'era alcun dubbio, il miagolio proveniva dal suo interno.
- L'hai sentito? L'hai sentito anche tu, vero? - mi chiese Mr Philip, quasi in segno di vittoria.
- Certo che sì. - risposi, alquanto sorpreso, a dir la verità.
- Visto che avevo ragione?! C'è qualcuno là dentro. -
Questa volta ci avvicinammo insieme per controllare meglio. Mentre il padrone svuotava l'armadio dai suoi vestiti, io notai un pomello sulla parte centrale dell'armadio. Mi avvicinai, lo toccai e capii che era la maniglia di una porta.
Preso dal panico, iniziai a balbettare: - P-pa-padrone, q-qua c'è una p-porta n-nascosta! -
- Cosa? Come? Una porta? Dove? -
- P-proprio qui, nell'armadio. -
Si avvicinò, afferrò il pomello con la mano destra e lo girò verso destra. Ci fu uno scatto e la porta si aprì.

Il mio padrone mi guardò con un'aria stupefatta. Era incredulo. Ci trovavamo davanti un lungo corridoio di cui non si vedeva la fine.
- Questa è una grande scoperta, Fred. Figaro potrebbe trovarsi qui dentro. Dobbiamo entrare e proseguire finché non troviamo qualcuno. -
Dopo un attimo di panico e di esitazione, annuii e così entrammo.
Iniziò, così, il nostro cammino senza meta.

Il corridoio aveva delle mattonelle a scacchi bianche e nere e le pareti erano colorate a mo' di un puzzle astratto.

- Com'è strano questo posto, - disse il padrone guardandosi attorno mentre camminavamo, - sembra di essere entrati in un altro mondo... -
- Beh, sì, effettivamente... -
Io ne avevo vissute tante di avventure, nella mia vita, ma quella fu sicuramente una delle più bizzarre.
Dopo una mezz'ora abbondante di cammino in cui non avevamo fatto altro che stare zitti e guardarci attorno, anche se il panorama era sempre lo stesso, vedemmo un gatto in lontananza.
Sembrava ci stesse aspettando: era color rame, di taglia media. La testa era racchiusa in un triangolo dagli angoli arrotondati, gli occhi grandi e brillanti erano sottolineati da un bordo nero, aveva le orecchie larghe e appuntite, mentre il pelo era soffice, folto e lucido: era sicuramente un abissino, la misteriosa razza adorata e venerata dagli antichi egizi.

A 5-6 metri dal gatto ci fermammo per ammirare la sua bellezza, più nel portamento che nell'aspetto. All'improvviso parlò:
- Avete oltrepassato la soglia. Seguitemi, il mio signore vuole parlarvi. -
Rimanemmo ammutoliti fino a quando, ad un certo punto, vidi Mr Philip fare un profondo sospiro:
- Ma dove siamo? Cos'è questo posto? -
- Non vi è permesso fare domande. Io sono Zula, servitore del castello. -
Guardandoci con aria incuriosita, iniziammo a seguirlo.
- E così lei sarebbe il famoso Mr Philip? -
Dopo un attimo di smarrimento provocato dal fatto che il gatto sapeva chi fosse, rispose:
- Non sapevo di essere famoso anche qui. La gente del mio mondo mi conosce per le mie storie. -
- Le sue storie... Tse. - disse, accennando a un sorriso malizioso.
Zula sembrava essere a conoscenza di cose di cui noi eravamo all'oscuro.
Il mio padrone si indignò per quella risposta.
- Cosa vorresti insinuare? -
- Le ho già detto che non sono ammesse domande. -

Dopo qualche minuto giungemmo, finalmente, alla fine del lungo corridoio, dove ci trovammo dinanzi una porta. Zula la aprì e ci fece cenno di entrare.
- Questa è la hall. - disse, - Una volta salite le scale e arrivati in cima, percorreremo un lungo corridoio per arrivare nella stanza dove vi attende sua maestà il re. -
Cominciai a pensare che Morpheus mi stesse tirando un bello scherzo, che tutto quello che ci stava accadendo era un sogno. Ma non era così. Anche se troppo strambo, era tutto reale.
Mr Philip, preoccupato, chiese: - Possiamo sapere almeno cosa vuole il tuo re da noi? -
Il gatto, quasi stizzato, questa volta rispose alla domanda del mio padrone: - Avete oltrepassato la soglia vietata agli umani e sua maestà non tollera chi entra nel suo castello senza permesso. -
- Ma la porta del castello era nella stanza della mia armadio, - obiettò il mio padrone, - avevo il diritto di entrarci! -
Zula si voltò verso di noi con aria minacciosa e, alzando il tono della voce, precisò: - Quell'entrata è stata messa lì da qualcuno che lei conosce molto bene. Avete infranto le regole. -
- Figaro! Stai parlando di lui, è qui vero? - chiese Mr Philip.
Ricompostosi dopo il precedente piccolo scatto di ira, rispose:
- La prego di non fare altre domande. Non sono autorizzato a risponderla, il mio compito è semplicemente quello di accompagnarvi dal re. Seguitemi. -

Mentre salivamo le scale fui impressionato dalla quantità di quadri appesi alle pareti. L'attenzione del mio padrone fu attirata da uno in particolare: il dipinto ritraeva una gatto nero gigante seduto davanti ad una scrivania mentre scriveva con una di quelle vecchie macchine da scrivere. La cosa bizzarra, però, era questa: dal foglio che usciva dal vecchio aggeggio dipinto nel quadro si potevano leggere alcune riga.

"Londra. Una notte buia e tempestosa.
La stessa scena si ripete ogni sera: Mr Frank, sdraiato sulla sua poltrona preferita, fuma la sua vecchia e inseparabile pipa leggendo le ultime pagine de "La ricerca dell'Essere", un vecchio libro comprato al mercatino dell'usato.
La villa era piena di mobili, oggetti vari e costosi che, però, non bastavano a cacciar via l'aria di desolazione che si respirava nella casa. Le luci e i due camini erano sempre accesi, ma, nonostante ciò, l'aria era fredda. I suoi colleghi di lavoro, durante la giornata, torturavano le mura con risate ipocrite, rattristando la casa ancor di più. L'unico rumore a ricordargli che non era diventato sordo era il tic-tac dell'orologio a pendolo lasciatogli in eredità da suo padre.
Ancora una volta la scena si ripeteva, ma... quella sera, quella notte, sarebbero state diverse... No, Mr Frank non avrebbe più dimenticato quella donna... quel viso... quel sesso... quelle lacrime... quel sangue".

- Per l'amor di Dio! - esclamò all'improvviso Mr Philip, - Ma quello è l'inizio di un mio racconto. Che ci fa in questo quadro?! -

Leggendo quel poco che c'era scritto, mi accorsi che aveva ragione. Era uno dei suoi racconti più famosi: "Quella sporca nottata".
Tutto diventava sempre più bizzarro e misterioso.

mercoledì 18 luglio 2007

Il gatto di Mr Philip - Parte 1



"E il Corvo, senza battere mai le ali, resta fermo, fermo
sul pallido ritratto di Minerva proprio sopra la porta della mia camera;
il suo sguardo somiglia a un demone sognante,
e la luce della lampada distende l'ombra sua sul pavimento;
l'anima mia da quell'ombra laggiù non si solleverà mai più,
mai più, mai più."

- Magnifico! -
Era da poco tempo che, su consiglio di un vecchio amico, avevo iniziato a leggere Edgar Allan Poe, e ogni volta che mi immergevo in un suo racconto o una sua poesia ne rimanevo estasiato.
- Che grande inventore di storie! Lo ammiro sempre di più. Tu sai chi è Poe, vecchia cornacchia? -
Mi diverte prendere in giro Fred. Cerca di non darlo a vedere, ma si arrabbia troppo quando lo chiamo in quel modo. La sua rabbia traspare dal tono da sapientone arrogante col quale mi risponde, che puntualmente tradisce il suo tentativo di fare la parte dell'indifferente.
- Certo che lo so! Non sono mica disinformato come lei. Tse... Io uso il mio tempo per fare sempre qualcosa di utile. -
- Dai, non ti arrabbiare, lo sai che ti voglio bene. -
È questa la pillola che uso per addolcirlo, e funziona quasi sempre. Anche se non sembra, è un grande coccolone ed è molto timido. Mi piace tanto questo lato del suo carattere perché è molto simile al mio.
- Beh, Sognatore, anche... ehm... Tutti mi vogliono bene... -
- Eh eh, Fred, è la prima volta che vedo una cornacchia rossa... Ah ah ah. Dai, cosa dicevamo? Ah, sì. Poe. Gran raccontastorie. -
Era tornato al suo solito colorito nero come la pece.
- Sì, sono d'accordo con lei. -
- Chissà come fanno i grandi scrittori a non perdere mai l'ispirazione, ad avere sempre storie da raccontare. -
Fred, inarcando il sopracciglio sinistro e accarezzandosi la parte inferiore del becco come se fosse un mento, disse lentamente:
- In realtà io ho avuto un padrone, uno scrittore di grandi racconti, che, certamente non per colpa sua, perse l'ispirazione e non era più capace di inventare le storie fantastiche a cui aveva abituato i suoi lettori. -
- Uhm... Sembra una storia interessante. Me la puoi raccontare? - Ero proprio curioso di sapere come qualcuno in contatto con un portatore di sogni e di storie come Fred potesse perdere la capacità di raccontare storie. -
- Bene, come desidera, Sognatore. Si sieda, spenga la luce e accenda la lanterna. -


La caduta di Mr Philip

Mr Philip passava la maggior parte della giornata nel suo studio, seduto dietro la scrivania, dove scriveva in continuazione racconti e poesie. L'unico genere letterario col quale non andava molto d'accordo era il romanzo:
- La gente dovrebbe abituarsi a leggere storie brevi ma intense - , diceva spesso.
Era scapolo, e non poteva essere altrimenti considerato il suo carattere difficile. Gli unici amici che aveva eravamo io e un gatto di razza siamese che aveva trovato mentre rovistava nel bidone dell'immondizia nella strada dove abitavamo.
Tra me e Figaro (era questo il nome di quel gattaccio) non girava buon sangue. Quando il padrone non c'era mi faceva sempre i dispetti: una volta si mangiò il mio pranzo, guadagnandosi tutta la mia antipatia. Era un tipo strambo, se ne stava quasi sempre per i fatti suoi e usciva dalla sua cuccia solo per mangiare e per fare il ruffiano col padrone.
L'adozione di Figaro coincise con l'inizio del successo di Mr Philip: scriveva storie su storie e pubblicava libri uno dietro l'altro senza mai fermarsi. Il suo nome era acclamato dalla critica e dai lettori di mezza Europa.
Quando si sedeva dietro la scrivania e poggiava la penna sul foglio, l'espressione del suo volto cambiava, sembrava indemoniato. Non ho mai osato interromperlo quando era in quella sorta di trance, mi faceva un po' paura, a dir la verità. A volte pensavo che avesse una doppia personalità, tipo Dr Jekyll e Mr Hyde.
Una sera, in uno di quei rari momenti che non scriveva, gli chiesi da dove prendeva l'ispirazione per tutte quelle storie, come faceva a inventare tanti personaggi fantastici e a descrivere luoghi sconosciuti e misteriosi.
Fumando la vecchia pipa appartenuta a suo padre, uno scrittore fallito che per una vita ha inseguito il sogno di diventare famoso, disse:
- Vedi, Fred, non so assolutamente rispondere alla tua domanda. So solo che quando mi siedo dietro la mia scrivania e poggio la penna sul foglio la mia mano scrive da sola, come se avesse una propria identità. Non so, però, se questo sia un bene o un male. È come se le storie che scrivo non mi appartenessero, i racconti non li sento miei... Ma l'importante è che, ormai, sono uno scrittore affermato. -
Non ero sicuro che pensava veramente ciò che aveva detto. Dai suoi occhi traspariva la voglia di scrivere qualcosa di personale, che appartenesse al suo mondo, ma nelle sue storie non faceva altro che raccontare avventure di coloro che vedeva come degli estranei, personaggi diversi da quelli che voleva rappresentare.
- Beh, Mr Philip, la fama è importante, ma io credo che è come se lei stesse avendo successo con dei libri scritti da un'altra persona. -
A quella mia affermazione, vidi lo sguardo di Figaro volgersi verso di noi e, in quel momento, fui preso da una strana sensazione: mi sentivo come se fossi osservato da un essere umano.
Figaro saltò fuori dalla cuccia, si avvicinò a Mr Philip e iniziò a miagolare strusciandosi vicino la sua gamba.
- Ehi, piccolino, hai fame? Vieni che ti do da mangiare. -
Mentre si dirigevano verso la cucina, il gattaccio mi diede le spalle e alzò quella sua coda spennacchiata in segno di superiorità. Non mi sono mai piaciuti i gatti. Si comportano come se fossero loro i padroni.

Così come il giorno in cui Figaro giunse in questa casa coincise con l'inizio della fortuna di Mr Philip, quello della sua scomparsa ne decretò la fine.
Quando mi svegliai quella mattina, il padrone era già alla sua ricerca. Non riuscivamo a trovarlo da nessuna parte, controllammo ogni angolo della casa, o così credevamo di aver fatto. Mr Philip era disperato, lo chiamava sperando che sarebbe ritornato da un momento all'altro.
- Perché te ne sei andato, Figaro... Perché mi hai abbandonato... ? Ti ho sempre trattato come un figlio. È così che ricambi il mio affetto?!-
Se devo essere sincero, un po' dispiacque anche a me. Oramai mi ero abituato ai suoi dispetti e, a volte, mi divertiva anche. Più che altro, però, ero curioso di sapere dove fosse andato.
Fu così che iniziò la caduta della carriera del mio padrone. Non riusciva più a scrivere, aveva perso completamente la sua ispirazione. Si sedeva ogni giorno alla sua scrivania ma, puntualmente, iniziava a disperarsi:
- Fred, che mi sta succedendo, non sono più capace di inventare storie. Mio Dio! È la fine! Non potrò più vivere senza scrivere. Aiutami, ti prego! -
Purtroppo non sapevo come aiutarlo. Ogni notte cercavo di raggiungerlo nel sogno e fargli vivere qualche avventura, ma, ahimè, nei suoi sogni si ripeteva sempre la stessa e unica scena: Mr Philip, seduto, che stringeva tra le mani una penna senza inchiostro mentre fissava un foglio bianco sulla scrivania. Non riuscivo a muoverlo in nessun modo nemmeno nel mondo onirico, una cosa che non era mai accaduta prima.

Passarono dieci anni da quel giorno maledetto, e nulla era cambiato. Mr Philip aveva vissuto quel tempo sulla fama che lo precedeva e tutti i suoi lettori aspettavano con impazienza il suo prossimo libro, che forse non sarebbe mai arrivato.
Un giorno, però, qualcosa stava per cambiare. Sentii gridare il padrone nel bel mezzo della notte:
- Fred, Fred, corri, presto! Ho visto Figaro. -
Volai di corsa nella sua stanza, e vidi l'espressione sconvolta del suo viso.
- Dov'è, dov'è? - gli chiesi affannato.
Non riusciva a muoversi, lo shock l'aveva costretto a sdraiarsi sul letto.
- Era proprio lì, sulla sedia vicino l'armadio. Mi stava fissando con i suoi occhi blu e, appena si è accorto che l'avevo visto, è saltato giù dalla sedia ed è entrato nell'armadio. -
Credevo che il padrone si era immaginato tutto, così mi girai per controllare se ciò che aveva detto fosse vero: la porta dell'armadio era socchiusa... Qualcuno l'aveva aperta.

giovedì 12 luglio 2007

Un po' del Sognatore



Quella sera ero irrequieto, non sapevo cosa fare: leggiucchiavo a casaccio pagine di vecchi libri, mi incantavo a guardare la pioggia violenta fuori la finestra, accendevo e spegnevo la tv, giocavo al solitario col mazzo di carte napoletane regalatomi dalla buonanima di mio nonno, ascoltando un po' di musica classica.

Intanto, Fred se ne stava per fatti suoi. Lui dorme quasi sempre, anche se afferma che lo fa per lavoro: "Non è colpa mia se i bambini fanno incubi in continuazione e io devo correre in loro soccorso! È uno dei compiti che mi ha assegnato Morpheus", ripete, con una voce stridula, ogni volta che gli rimprovero di dormire troppo. Ma, ad essere sincero, non sono molto convinto che dica la verità.
Il mio far tutto e niente continuò fino a quando le lancette dell'orologio a pendolo nel salotto scoccarono la mezzanotte.
- Accidenti, stasera non ho combinato un bel niente! Fred, svegliati! - gridai.
Spaventato, aprì gli occhi e balzò in piedi: - Sì, Sognatore, sono pronto! Dove dobbiamo andare? -
- Ah ah ah! Da nessuna parte, non preoccuparti. A volte mi fai morire, Fred! -
- Caspita, i bambini di oggi fanno dei sogni alquanto bizzarri. Ho appena salvato un piccolo pel di carota da un topo gigante, ma il bello è che la bestia aveva la testa di un essere umano. -
- Beh, perché ti meravigli tanto? È da sempre che i bambini hanno una fantasia infinita. La nostra è nulla in confronto alla loro. Se quando siamo piccoli fossimo capaci di esprimerci attraverso la scrittura, avremmo la possibilità di immortalare delle storie fantastiche! Purtroppo, per la maggior parte della gente, quella fantasia viene soffocata dall'età adulta e dalla realtà, e le uniche storie a sopravvivere sono quelle che riguardano il denaro e la ricchezza. -
Incuriosito dalla mia osservazione, Fred mi chiese: - E lei? Come ha fatto a diventare un sognatore? -
- Perché è da sempre che mangio pane e sogni. Quei sogni che mi permettono di vivere delle avventure fantastiche. Privami delle storie e la mia vita non avrà più un senso. Vedi, quando ero piccolo, mio nonno mi ripeteva spesso una frase che non potrò mai scordare: "Adduormete e nun te scetà: 'a vita dìnto u suònn è assàje cchiù bell rà realtà." -
- Ehm... Non ho ancora imparato il napoletano... - disse con un'aria buffa che mi fece sorridere.
- Scusa, hai ragione. Significa: "addormentati e non ti svegliare più, la vita nel sogno è molto più bella della realtà." -
- Doveva essere un brav'uomo! - disse Fred abbassando la testa, accortosi delle lacrime nei miei occhi.
Il ricordo di mio nonno mi suscita sempre vecchie emozioni, quelle che si provano solo da bambini, e ogni volta mi passano davanti agli occhi le immagini di me seduto sulle sue ginocchia ad ascoltare le sue storie fantastiche.

- Beh, mi ha insegnato parecchie cose e mi ha raccontato molte storie. -
- Se ne ricorda qualcuna? -
- Me le ricordo tutte. Sai, certe cose non si scordano, diventano parte di te. Non potrò mai dimenticare di quando mi raccontò della prima volta che vide mia nonna, del colpo di fulmine dal quale furono colpiti entrambi. Ascolta Fred. -


"Allora, guaglio', stammi a sentire. Tempo fa, quando ero un giovanotto, mi guadagnavo da vivere facendo vari lavoretti. Ci fu un periodo in cui lavoravo nel campo di allevamento di un signore che mi pagava abbastanza bene. Avevo il compito di prendermi cura dei suoi cavalli.
Nella strada che percorrevo ogni giorno per andare a lavorare passavo davanti un grande castello e, puntualmente, mi incantavo per qualche minuto dinanzi la sua maestosità e imponenza. Ogni volta che lo vedevo mi sembrava di tornare indietro nel tempo e di entrare, per un attimo, in una meravigliosa favola.
Accadde, così, che un giorno, ammirando le splendide fontane all'interno dell'immenso giardino, vidi una fanciulla seduta sull'erba che leggeva un libro. Era splendida, ogni suo movimento era una grazia per i miei occhi. Non poteva essere altro che la principessa del castello.
La sua bellezza mi strozzò il fiato, riuscii a chiamarla solo dopo un profondo respiro:
- Ehi, dolce fanciulla. -
Si voltò, si alzò e si diresse verso di me. Ero faccia a faccia con lei, i nostri corpi erano divisi solo dal grande cancello del castello. Mi guardava senza parlare. La sua bellezza era imbarazzante. Finalmente parlò:
- E lei chi è? E cosa vuole? - chiese con astio.
- Io non sono nessuno. Sono solo un uomo che è rimasto incantato dal suo splendido viso. -
Lei arrossì e assunse un atteggiamento più dolce.
- Grazie. Nessuno mi ha mai detto una cosa del genere. -
Quella sua affermazione mi sconvolse.
- Cosa? Com'è possibile? -
- Vede, mio padre non permette a nessun uomo di avvicinarsi a me. Dice che sono destinata a sposare il principe di una terra lontana, e fino ad allora devo restare casta e pura. -
- Sua maestà il re mi ferisce il cuore. Io la amo. Fuggiamo insieme. -
Ancora oggi, non ho capito da dove presi il coraggio di dire quelle cose.
- Ma è una pazzia! Mio padre la ucciderà! E poi... Io non la conosco, come posso fuggire con lei. - I suoi occhi tradivano quello che stava dicendo: ciò che stava accadendo aveva un sapore di favola e lei era eccitata all'idea di diventarne la protagonista.
- Principessa, è scritto da qualche parte che il nostro futuro è insieme. Stasera, alle 11 precise, si faccia trovare vicino la fontana, dove i suoi occhi hanno trafitto il mio cuore. Addio. -
Me ne andai di corsa per non farmi vedere dalle guardie che si erano insospettite. La principessa raccolse il libro da terra ed entrò nel castello.
L'ora fissata giunse in un batter d'occhio. Montai, così, in sella a uno dei tanti cavalli del mio signore. Scelsi quello più malandato, sperando che non si sarebbe accorto della mancanza della bestia: zoppo, senza coda e con gli occhi storti. Era la pecora nera del gruppo ma io gli volevo un gran bene.
Arrivato al castello, non vidi la principessa vicino la fontana, e dissi fra me e me: "Stupido, come potevi pensare che avrebbe abbandonato tutta la sua ricchezza per un poveraccio come te".
Poi, il sogno si avverò: era dietro l'albero per non farsi scoprire dalle guardie. Aprì il cancello con la chiave che aveva rubato e salì di corsa sul mio cavallo bianco.

- Su, su, si sbrighi, andiamo, prima che qualcuno ci scopra. -
- Certo, principessa. Forza, Rocinante! Corri! - e, come per magia, sembrava essersi dimenticato di essere zoppo e iniziò a correre più veloce del vento.
Abbastanza distanti dal castello, ci fermammo a un ruscello per bere e riposarci un po'. Nessuno dei due parlava: io la fissavo negli occhi, mentre lei, imbarazzata, si voltava dall'altra parte per evitare il mio sguardo.
Fu proprio lì, sotto la luna che ci illuminava e la natura che ci guardava, che ci baciammo per la prima volta.


- Nonno, ma non hai affrontato i draghi e i cavalieri per conquistare l'amore della nonna? -

- Eh, piccerillo, certo che sì. Dopo qualche giorno il re scoprì il nostro rifugio d'amore e cercò più volte di riprendersi sua figlia mandando i draghi più feroci della storia e i cavalieri più forti delle sue truppe. Il mio amore, però, fu invincibile e indistruttibile. Ma questa è un'altra storia. -
- Ah, è per questo che ora tu e la nonna vivete in questa piccola casetta di campagna? Per non farvi trovare dal re malvagio? -
- Prorpio così. -
- Uaooo! Sei un eroe, nonno... - "


A quella mia affermazione mio nonno accennò a un timido sorriso e, come ogni volta che finiva di raccontarmi una storia, mi disse:
" - Ricorda, guaglio', non smettere mai di sognare, perché la vita è un sogno, e il sogno è la vita. - "
Fred sembrava molto felice di aver conosciuto qualcosa del mio passato. Di solito era lui che mi raccontava storie ma, quella sera, invertimmo i ruoli.
- Beh, Sognatore, almeno ora ho capito da chi ha ereditato questo suo modo di pensare. -
- Io vado a dormire Fred. Aiutami a fare qualche bel sogno. Buonanotte. -
- Conti pure su di me, Sognatore. 'Notte. -