Il mondo dei gatti
I miei dubbi svanirono completamente quando sentii un rumore provenire dall'armadio.
- Sentito, Fred? C'è qualcuno là dentro! - disse Mr Philip a bassa voce, - Su, aprilo! -
Non c'è niente da fare, le cose più pericolose toccano sempre a me. Mi avvicinai così all'armadio senza battere ciglio.
Conscio del fatto che se dentro ci fosse stato Figaro avrebbe potuto farmi qualche dispetto, aprii molto lentamente lo sportello arrugginito dell'armadio, provocando un rumore stridulo come quello di una vite che penetra nel ghiaccio.
L'attesa sembrava infinita e, quando finalmente aprii lo sportello per intero, io e il padrone sbarrammo gli occhi per vedere chi o cosa ci fosse dentro.
- Non c'è nessuno! - Mr Philip, sorpreso dinanzi al vuoto, iniziò a sclerare nel bel mezzo della notte: - No, non è possibile! Sono sicuro di averlo visto! Non sono pazzo, devi credermi, Fred! Mi guardava con i suoi grandi occhi. -
- Padrone, forse è stato semplicemente un sogno. Non è successo niente di grave. Si sdrai sul letto e si riposi. -
- Non trattarmi come un imbecille! Non mi sdraio su un bel niente! Io l'ho... -
- MIAO! -
Ci guardammo sconvolti e volgemmo subito il nostro sguardo di nuovo verso il vecchio armadio: non vedemmo nessuno, ma non c'era alcun dubbio, il miagolio proveniva dal suo interno.
- L'hai sentito? L'hai sentito anche tu, vero? - mi chiese Mr Philip, quasi in segno di vittoria.
- Certo che sì. - risposi, alquanto sorpreso, a dir la verità.
- Visto che avevo ragione?! C'è qualcuno là dentro. -
Questa volta ci avvicinammo insieme per controllare meglio. Mentre il padrone svuotava l'armadio dai suoi vestiti, io notai un pomello sulla parte centrale dell'armadio. Mi avvicinai, lo toccai e capii che era la maniglia di una porta.
Preso dal panico, iniziai a balbettare: - P-pa-padrone, q-qua c'è una p-porta n-nascosta! -
- Cosa? Come? Una porta? Dove? -
- P-proprio qui, nell'armadio. -
Si avvicinò, afferrò il pomello con la mano destra e lo girò verso destra. Ci fu uno scatto e la porta si aprì.
Il mio padrone mi guardò con un'aria stupefatta. Era incredulo. Ci trovavamo davanti un lungo corridoio di cui non si vedeva la fine.
- Questa è una grande scoperta, Fred. Figaro potrebbe trovarsi qui dentro. Dobbiamo entrare e proseguire finché non troviamo qualcuno. -
Dopo un attimo di panico e di esitazione, annuii e così entrammo.
Iniziò, così, il nostro cammino senza meta.
Il corridoio aveva delle mattonelle a scacchi bianche e nere e le pareti erano colorate a mo' di un puzzle astratto.
- Com'è strano questo posto, - disse il padrone guardandosi attorno mentre camminavamo, - sembra di essere entrati in un altro mondo... -
- Beh, sì, effettivamente... -
Io ne avevo vissute tante di avventure, nella mia vita, ma quella fu sicuramente una delle più bizzarre.
Dopo una mezz'ora abbondante di cammino in cui non avevamo fatto altro che stare zitti e guardarci attorno, anche se il panorama era sempre lo stesso, vedemmo un gatto in lontananza.
Sembrava ci stesse aspettando: era color rame, di taglia media. La testa era racchiusa in un triangolo dagli angoli arrotondati, gli occhi grandi e brillanti erano sottolineati da un bordo nero, aveva le orecchie larghe e appuntite, mentre il pelo era soffice, folto e lucido: era sicuramente un abissino, la misteriosa razza adorata e venerata dagli antichi egizi.
A 5-6 metri dal gatto ci fermammo per ammirare la sua bellezza, più nel portamento che nell'aspetto. All'improvviso parlò:
- Avete oltrepassato la soglia. Seguitemi, il mio signore vuole parlarvi. -
Rimanemmo ammutoliti fino a quando, ad un certo punto, vidi Mr Philip fare un profondo sospiro:
- Ma dove siamo? Cos'è questo posto? -
- Non vi è permesso fare domande. Io sono Zula, servitore del castello. -
Guardandoci con aria incuriosita, iniziammo a seguirlo.
- E così lei sarebbe il famoso Mr Philip? -
Dopo un attimo di smarrimento provocato dal fatto che il gatto sapeva chi fosse, rispose:
- Non sapevo di essere famoso anche qui. La gente del mio mondo mi conosce per le mie storie. -
- Le sue storie... Tse. - disse, accennando a un sorriso malizioso.
Zula sembrava essere a conoscenza di cose di cui noi eravamo all'oscuro.
Il mio padrone si indignò per quella risposta.
- Cosa vorresti insinuare? -
- Le ho già detto che non sono ammesse domande. -
Dopo qualche minuto giungemmo, finalmente, alla fine del lungo corridoio, dove ci trovammo dinanzi una porta. Zula la aprì e ci fece cenno di entrare.
- Questa è la hall. - disse, - Una volta salite le scale e arrivati in cima, percorreremo un lungo corridoio per arrivare nella stanza dove vi attende sua maestà il re. -
Cominciai a pensare che Morpheus mi stesse tirando un bello scherzo, che tutto quello che ci stava accadendo era un sogno. Ma non era così. Anche se troppo strambo, era tutto reale.
Mr Philip, preoccupato, chiese: - Possiamo sapere almeno cosa vuole il tuo re da noi? -
Il gatto, quasi stizzato, questa volta rispose alla domanda del mio padrone: - Avete oltrepassato la soglia vietata agli umani e sua maestà non tollera chi entra nel suo castello senza permesso. -
- Ma la porta del castello era nella stanza della mia armadio, - obiettò il mio padrone, - avevo il diritto di entrarci! -
Zula si voltò verso di noi con aria minacciosa e, alzando il tono della voce, precisò: - Quell'entrata è stata messa lì da qualcuno che lei conosce molto bene. Avete infranto le regole. -
- Figaro! Stai parlando di lui, è qui vero? - chiese Mr Philip.
Ricompostosi dopo il precedente piccolo scatto di ira, rispose:
- La prego di non fare altre domande. Non sono autorizzato a risponderla, il mio compito è semplicemente quello di accompagnarvi dal re. Seguitemi. -
Mentre salivamo le scale fui impressionato dalla quantità di quadri appesi alle pareti. L'attenzione del mio padrone fu attirata da uno in particolare: il dipinto ritraeva una gatto nero gigante seduto davanti ad una scrivania mentre scriveva con una di quelle vecchie macchine da scrivere. La cosa bizzarra, però, era questa: dal foglio che usciva dal vecchio aggeggio dipinto nel quadro si potevano leggere alcune riga.
"Londra. Una notte buia e tempestosa.
La stessa scena si ripete ogni sera: Mr Frank, sdraiato sulla sua poltrona preferita, fuma la sua vecchia e inseparabile pipa leggendo le ultime pagine de "La ricerca dell'Essere", un vecchio libro comprato al mercatino dell'usato.
La villa era piena di mobili, oggetti vari e costosi che, però, non bastavano a cacciar via l'aria di desolazione che si respirava nella casa. Le luci e i due camini erano sempre accesi, ma, nonostante ciò, l'aria era fredda. I suoi colleghi di lavoro, durante la giornata, torturavano le mura con risate ipocrite, rattristando la casa ancor di più. L'unico rumore a ricordargli che non era diventato sordo era il tic-tac dell'orologio a pendolo lasciatogli in eredità da suo padre.
Ancora una volta la scena si ripeteva, ma... quella sera, quella notte, sarebbero state diverse... No, Mr Frank non avrebbe più dimenticato quella donna... quel viso... quel sesso... quelle lacrime... quel sangue".
- Per l'amor di Dio! - esclamò all'improvviso Mr Philip, - Ma quello è l'inizio di un mio racconto. Che ci fa in questo quadro?! -
Leggendo quel poco che c'era scritto, mi accorsi che aveva ragione. Era uno dei suoi racconti più famosi: "Quella sporca nottata".
Tutto diventava sempre più bizzarro e misterioso.